Lucenz si è spento, in una caldissima domenica di luglio. Adesso avrà un po’ d’ombra e refrigerio, almeno. Sottoterra. Lucenz è nome d’arte, suonava così, ripresa dell’Enzo di battesimo, con quel prefisso luminoso e luminare, esplosivo nel terminare…Gli è scoppiato il cuore, già malandato.
Non ha voluto saperne di fermarsi, nei giorni torridi di questa piena estate. Si parte in ogni stagione, ma andarsene d’estate è quasi beffa alle partenze intelligenti, ironia della vacanza definitiva.
L’artista Enzo Lucenz si era fatto carico, da Direttore Artistico, del Chiostro di Voltorre che si voleva rilanciare. Affiancato da un’assistente, aveva stilato programmi ambiziosi, moltiplicato i contatti per renderli fattibili, realizzato con tempi disumani e mezzi troppo umani esposizioni di nomi non proprio ultimi (Mimmo Rotella).
Si era fatta già notare la grafica rinnovata del Chiostro, voluta dal maestro Lucenz, vagamente luciferino nel vedere tutto in verticale, dal basso verso l’alto. Un’ossessione. E’ stato accontentato.
La sua ricerca artistica ha fatto perno sulla deflagrazione, sempre trattenuta comunque in equilibrio di forme, materie e colori. Affermazione caparbia di un ordine nel disordine, di una tregua nello scoppio, liberatorio di sorprendenti visioni. Troppo facile riconoscere nella sua fine il suo corpo divenuto opera.
E’ una vittima del lavoro creativo, alla fin fine, della vita da aggredire e della passione per la distruzione propria dell’arte contemporanea, che non è fine a se stessa, forse, ma mima quel che accade nel mondo e può portare a un’apertura ulteriore. Almeno nella forma, nell’utopia, che dell’arte è una patria.
Il Chiostro di Voltorre rimane orfano del suo breve accanito nocchiero, il cui timone non potrà essere dimenticato. Anche se la giostra forsennata del sistema dell’arte non s’arresta, incalza e divora i suoi figli.
Buon viaggio, Lucenz, inghiottito dal mostro lacustre, romanico, che avevate scelto per nuovo logo del chiostro. Un luogo di pace, che non ha portato bene, a un guerriero.