Milano – Giancarlo Sangregorionon farà più grandi esposizioni, ma viene coinvolto e non si sottrae a piccole mostre con inevitabili sintesi del suo lavoro, che lo confermano scultore mai pago di esplorare.
Il 12 ottobre ha inaugurato a Milano, la città dove nacque, venne grande e si formò all'arte – più fuori che dentro Brera – una mostra che ha del paradossale, nel titolo: Maggio 1945 – Maggio 2006. Segni e disegni, laddove la prima data è evidentemente carica di dramma storico e di "liberazione" da un incubo collettivo, mentre la seconda fissa un termine di ricerca che nel caso di Sangregorio non sarà mai possibile.
Lo scultore lombardo è tra i pochi ad aver evitato tutti gli ismi e i movimenti dell'arte italiana, facendo parte per se stesso, continuando nei decenni una ricerca impervia, i cui valori e significati vanno ancora in gran parte sondati.
Il luogo della mostra, gli spazi dell'Associazione Alik Cavaliere, una delle sorprese che riserva Milano, la Milano incapace di ostentare, si giustifica biograficamente, in quanto i due artisti condivisero esperienze e anche lo studio nella prima metà degli anni '50.
Si tratta quindi, anche, di un ritorno alle origini dell'avventura di Sangregorio, rievocata dai grandi disegni a china su carta da pacco – l'unica disponibile – che segnarono l'esordio angosciato e angoscioso dello scultore. Scultore già in tutto e per tutto, "membrificatore", come gridano i volumi dei corpi, a fatica contenuti nei limiti dei fogli, referti potenti degli anni della guerra.
Con dei salti affascinanti e anche spericolati, dal primo Sangregorio della serie Druogno si passa alla serie Dal fondo del 1994, non meno potenti lavori a china, emananti una interna energia, tesi a forzare, a partire da un fulcro, l'idea di spazio. Vi sono anche alcuni esempi di impronte su cellulosa, modalità e materia che accompagnano dagli anni '70 Sangregorio, nel sogno di ottenere, togliendo peso e volume alla scultura, una sorta di antimateria, tenera e poetica.
Sino a giungere agli ultimi anni e addirittura mesi, con la sintassi sempre sincopata delle forme operata sui feltri e su altri supporti morbidi, di ultima generazione, dove i segni si fanno drammatici per il senso del limite raggiunto, senza ritorno e senza conforto, nella sfida conoscitiva cui alludono.
I due "totem" in mostra sono foderati-avvolti di feltri – ora bianchi ora neri – ma portano i segni dei ferri rugginosi, in un contrappunto ermetico, sacrificale, espressivo della presenza dell'animale nei riti ancestrali.
Giancarlo Sangregorio negli ultimi anni calca nuovi sentieri prendendosi gioco dell'eternità della scultura, da Ulisse celtico che ha oltrepassato, tutta la vita, le colonne.
Giancarlo Sangregorio
Maggio 1945 – Maggio 2006. Segni e disegni
dal 13 ottobre al 10 novembre 2006
Milano
Centro Artistico Alik Cavaliere, via De Amicis 17
a cura di Adriana Cavaliere e Giulia Valcamonica
dal lunedì al venerdì, ore 15.30-19
ingresso libero
per informazioni: centroartistico@cavaliere.it