La mostra Capolavori del Novecento italiano, opere della collezione Gian Ferrari, in corso attualmente a Villa Panza, ha dato addio alle opere di Arturo Martini. Come previsto e già annunciato fin dalle prime comunicazioni date a mezzo stampa, le opere donate dalla collezionista Claudia Gian Ferrari al Fondo Per l'Ambiente Italiano ed esposte temporaneamente a Varese sono tornate nel capoluogo lombardo dove sono state collocate nell'ampia retrospettiva dedicate al capofila della scultura italiana inauguratasi l'8 novembre tra il Palazzo della Permanente e la Fondazione Stelline.
Vi rimarranno fino al 4 febbraio per poi essere trasferite a Roma dove la grande mostra martiniana troverà sede nella Galleria nazionale d'arte moderna. Il nucleo di opere di Martini, uno degli amori più intensi della Gian Ferrari era anche uno dei più importanti della mostra; non a caso collocato in una apposita sala, quella prospiciente la scuderia grande. Una sorta di piccolo luogo sacrale, cui le ieratiche sculture del maestro conferivano un aura di immobile algore.
Le opere erano L'amante morta, un gesso policromo del 1921; Gli amanti, un gesso patinato del 1920; un Busto di fanciulla in gesso del 1920, L'Ospitalità, in refrattaria, del 1931.
La sezione plastica in mostra rimane dunque concentrata sulle due opere di Marino Marini, sul ritratto della madre di Claudia Gian Ferrari, opera dello scultore Timo Bortolotti, nonno della collezionista, e dello splendido Puro Folle di Adolfo Wildt.
Gli organizzatori hanno predisposto che le opere inviate a Milano non vengano sostituite da altre. Il percorso della mostra viene dunque condensato nella grande scuderia a suo tempo ridefinita da Gae Aulenti/