Aria di laguna per lo scultore Pietro Scampini . Il vulcanico artista di Castronno, da tempo in stretto colloquio con la sperimentazione e la condivisione di esperienze multiculturali, è stato preselezionato per far parte del progetto legato al Padiglione Africano, una delle novità proposte nella prossima edizione della Biennale di Venezia, curata dallo statunitense Robert Storr.
Tutto nasce dalla concentrata collaborazione, cominciata nel 2004, tra Scampini e un gruppo di donne Ndebele, della tribù del Mpumalanga, Sud Africa, celebri, per antichissima tradizione, per l'abilità con cui dipingono a tinte piatte e con colori vivaci i propri villaggi, le proprie vesti, il proprio modo di essere. In una singolare e personalissima interpretazione di globalizzazione lo scultore varesino le ha scelte per un progetto suggestivo.
Le ha portate nel suo studio, le ha ospitate per diverse settimane, le ha sottoposte ad un lavoro: affrontare con i loro colori e la loro tradizione espressiva la propria scultura fatta di linguaggio plastico astratto, tridimensionale. Un linguaggio per loro nuovo, inedito, non privo di difficoltà.
Il risultato divenne, nel 2005, una suggestiva mostra allestita a Milano presso il Refettorio delle Stelline di Milano, ampiamente visitata da pubblico e autorità, sudafricane in prima fila, e un volume documentario con saggi di Marco Meneguzzo, Sergio De Carli e Gisa Legatti.
Di quell'incontro, di quella maturità acquisita, di quella umanità arricchita, il nuovo frutto è il progetto che Scampini ha inviato nelle scorse settimane a Venezia. Alla 52° edizione della grande kermesse artistica, intitolata quest'anno Genio Perpetuo, il curatore Storr, ha voluto inserire come parte integrante della mostra uno specificio Padiglione Africano.
Il suo fine è quello di presentare una mostra che panoramizzi il contemporaneo nel continente africano e, a discrezione dei curatori, nella diaspora africana. Tutto lascia intendere, dall'entusiasmo sin qui dimostrato dagli ambienti veneziani, che il progetto a suo tempo intitolato da Scampini "La forma incontra il colore", possa rientrare negli interessi e nelle dinamiche pensate dagli esigenti curatori in laguna. "Il linguaggio dell'arte è universale – giustamente osserva l'autore degli enigmi e degli intrecci – le opere non sono state realizzate tecnicamente da artisti africani, ma da donne la cui espressività è naturaliter artistica".
Per ora, scaramanticamente, lo scultore si limita a dire di essere stato preselezionato. E, utilizzando una metafora calcistica sottolinea: "E' come per i mondiali di calcio: Sono stato scelto fra i ventidue, non so ancora se giocherò la finale". La selezione definitiva dei progetti presentati a novembre avverrà nel giro di pochissimi giorni. Per Scampini potrebbe davvero essere un'altra esperienza indimenticabile.