Scocca l'ora del Piccio. Da tempo annunciata, la grande mostra che torna a fare il punto della critica su un dei maggiori interpreti pittorici del romanticismo italiano, si apre in questo week-end a Cremona, nella cornice del Centro Culturale di Santa Maria della Pietà.
Quasi centocinquanta le opere in mostra, attinte dalle più importanti collezioni italiane che conservano nuclei decisivi dell'artista nativo di Montegrino: Milano, Bergamo, Cremona, Pavia ed importanti collezioni private e pubbliche straniere, tra cui il Louvre. Opere non solo del Piccio, ma anche di tutto quel cotè di artisti che a lui si sono accompagnati in quella stagione di trapasso tra l'epoea di Appiani e Hayez e la nuova era che si avviava con i protagonisti della Scapigliatura: artisti come Diotti, Trécourt, Coghetti.
Notevole lo sforzo organizzativo e critico dell'evento che ha chiamato a raccolta i migliori studiosi del pittore "difficile da contentare" come ebbe a scrivere di lui il presidente dell'Accademia di Brera Giuseppe Landonio nel 1838, guidati da due capisaldi della letteratura piccesca degli ultimi anni, Ferdinando Mazzocca e Pier Luigi De Vecchi, coadiuvati da un pool di nove altri studiosi provenienti, alcuni dei questi, dai principali musei prestatori della Lombardia.
Tra i quali non c'è Varese, che ha già promesso di riesporre tuttavia i disegni del Carnovali,già di proprietà di Piero Chiara, in autunno inoltrato, in Sala Veratti. Ma sia Provincia che Comune varesini hanno in ogni caso dato il loro patrocinio all'iniziativa, promossadall’Apic di Cremona e da una fitta serie di partnership istituzionali: la presenza del gonfalone varesino muove da un motivo ormai noto. Un grande impulso alle celebrazioni per il 200° anniversario della nascita dell'artista è partito proprio da Montegrino e dalla brillante azione dell'Associazione Amici del Piccio, nata allo scopo e formalizzatasi nell'estate scorsa.
La mostra si articola su nove sezioni che individuano nella cronologia dell’attività del Piccio alcuni temi iconografici fondamentali: ritratti ed autoritratti; amici, committenti e mecenati tra Cremona e Bergamo; la pittura sacra e il genere storico; ritratti nel solco della realtà; verso "l'indefinito", i dipinti di piccolo formato: il caso dell'Agar; mitologia e natura, il nudo nel paesaggio; aperture sul paesaggio e gli ultimi strepitosi e fortunati, in termini di ritratti in dissolvenza.
Una scansione tematica che ne ricostruisce secondo letture complessive la piena e feconda importanza di tramite tra la pittura di sapore turneriano per certi versi, per altri tipicamente ispirata alle dolcezze e alle luminosità che avevano già domicilio nei grandi lombardi sulla scorta di Leonardo e di Correggio. Così innovativo da essere scoperto, come spesso avviene, post mortem, prima ancora che dai critici, dagli artisti in piena avanguardia.
Un ritratto quasi a tutto tondo, di un personaggio pieno di fascino e di mistero, con alcuni margini della sua personalità e del percorso ancora non del tutto afferrabili – il suo viaggio a Parigi, ad esempio, a piedi, forse, attestato da una copia esatta autografa di un'opera ora al Louvre ma di cui non esistono altre testimonianze documentali – i suoi amori, i suoi ripetuti, solitari vagabondaggi lungo le rive del fiume, nel Po dove trova la morte per annegamento il 5 luglio 1873.