Con al collo una nuova-vecchia macchina digitale Carlo Meazza torna a squadernare il suo sguardo sulla sua Varese, fotografata mille e mille volte per dare senso ulteriore, equilibrio visivo, contorni più netti ad un nuovo racconto che esce in punta di piedi dalla penna di Carlo Zanzi.
Si chiama Vicolo Canonichetta, viene presentato la sera del 30 marzo alla sala Congressi di Villa Recalcati. E' la storia inventata di un rapporto d'amore, fissato in una data precisa, il 26 maggio 2005, un giovedì. Dal vicolo, proprio dietro la Basilica di San Vittore, la storia si allarga, nei propri riferimenti geografici, ad angoli e prospettive altre della città: la fontana di piazza Monte Grappa, i giardini estensi, la libreria sotto i portici, la scolaresca in uscita dalle aule, il Sacro Monte. Li, in questa toponomastica così conosciuta, si inserisce la mappa delle immagini di Meazza.
“Era da tempo che volevo illustrare anche con poche fotografie uno scritto – racconta oggi il fotografo – tempo fa Carlo Zanzi mi ha parlato di questo suo racconto. L'ho letto, ho scattato le foto di questi luoghi. Zanzi ha utilizzato questo materiale inedito, più due o tre fotografie mie risalenti ad alcuni anni fa”.
Non illustrazioni del racconto, specifica l'autore delle immagini, non interpretazioni. Sono istantanee che avvertono dell'hic et nunc della realtà citata. “Non è la cartolina dell'angolo descritto. Si vede la gente di passaggio. Ho fotografato ragazzi all'uscita dalla scuola e tra questi mia figlia. Oppure gente all'uscita dalla messa. Sono immagini vive, una città nella quale la gente può identificarsi”.
Da sempre romanticamente, testardamente, legato al bianco e nero tradizionale, civile, la novità dell'oggi per Meazza è l'utilizzo del digitale. Un passaggio per lui epocale. Vantaggioso in termini di tempo e costi, spesso senza perdere in qualità. Doloroso per molti versi, per chi è cresciuto nel mito e nella consapevolezza della magia e nel miracolo della camera oscura, nella fede per l'originaria Leica.
Non che la vecchia pratica della stampa l'abbia abbandonata del tutto. Ma i tempi cambiano e nuove soluzioni devono profilarsi all'orizzonte. A Milano, il vecchio fidato laboratorio di stampa in bianco e nero dove Meazza e altri grandi con lui andavano ciecamente ad affidare il proprio lavoro ha chiuso, sopraffatto dalle nuove tecnologie. A Varese c'è l'ottimo Alberto Bortoluzzi, stampatore raffinato. Per il resto, c'è photoshop e camere oscure self-made.
Su questi si baserà Meazza per gli altri lavori che ha in procinto di fare nei prossimi mesi, spinto dalla sua dolce, selvatica, “irrequietudine”, per citare Antonia Pozzi, la giovane poetessa milanese suicida, non a caso una delle preferite dal fotografo varesino.
“L'idea cui sto pensando è quella di legare sempre di più la fotografia alla letteratura e alla poesia. Andando alla ricerca di quei luoghi che hanno segnato e condizionato la vita di poeti o letterati, per i quali vale la pena riandare indietro con la memoria”, spiega Meazza.
Così è già stato e sarà anche in un prossimo futuro, il Lago Maggiore attraverso le parole e i versi di Piero Chiara e Vittorio Sereni. Così potrà essere, se vanno a buon fine rapporti con altri nomi fondanti della letteratura contemporanea già contattati dal Nostro. Così sarà un progetto già in una ottima fase di realizzazione per un libro che ripercorre fotograficamente e stralci letterari, Il Ponte di Falmenta, romanzo autobiografico di Adriano Bianchi, storia di amicizia, di formazione, di guerra, di resistenza durante la seconda guerra mondiale “una storia di bellezza, di vita, di montagna, non ideologico, senza odio” commenta Meazza.
E un ultimo, ulteriore progetto, in fieri, cui l'autore tiene particolarmente e per il quale si sta proprio in questi giorni prodigando. Ritornare sui luoghi che videro Vittorio Sereni prigioniero dei reparti Alleati, tra il luglio 1943 e la primavera del 1945, nel nord Africa, da cui nacquero nel 1947, poi i versi e le prose liriche del Diario d'Algeria seconda prova del poeta nativo di Luino. Ritornarvi oggi, dove non esistono più i campi di prigionia ma ugualmente cercare di carpirne l'aria, atmosfera, l'esprit, sotto la guida, già allertata di Dante Isella. Letteratura scritta e letteratura visiva. La fotografia come impegno etico.