Ezio Bassani. Filippo Maggia. Niente li accomuna. Se non che entrambi vivono in provincia di Varese ed entrambi conoscono profondamente i loro specifici ambiti di ricerca e passione.
Bassani varesino d'hoc è tra i maggiori conoscitori a livello internazionale d'arte africana. Maggia, ha casa a Somma Lombardo ma le sue conoscenze in merito alla fotografia storica e contemporanea lo portano spesso in giro per il mondo, non da ultimo in tempi recenti al prestigiossimo Hasselblad Award, l'oscar della fotografia mondiale, prima come giurato e poi come presidente di giuria, unico italiano da che l'ambito premio è nato nel 1980.
Maggia ha da pochissimo inaugurato una mostra da lui curata a Roma, per la Fondazione Sandretto di cui è storicamente curatore nell'ambito della fotografia. La sede è quella prestigiosa Museo Hendrik Christian Andersen; l'ambito quello di FotoGrafia, il Festival Internazionale di Roma, giunto quest'anno alla sua sesta edizione e che ha visto sbarcare per la prima volta quest'anno la donna d'oro dell'arte contemporanea italiana, Patrizia Re Rebaudengo con il suo bagaglio di prezioso e ammiccante appeal internazionale.
La mostra tuttavia è atipica e inedita: dando conto appena parzialmente, ma con circa un centinaio di immagini della vasta raccolta privata Sandretto Re Rebaudengo, circa 2500 foto storiche, andata compilandosi negli ultimi anni proprio grazie, ai viaggi, all'expertise, alle scelte mirate e autoriali di Maggia. Ed è virata, l'esposizione romana, sulle fotografie ottocentesche, dei calotipisti pionieri, dei precursori, in Italia, del collodio, della gelatina bromuro d'argento, degli amanti del pittorialismo, dei semplici amatori.
Ezio Bassani ha invece selezionato per una mostra che andrà ad aprirsi il prossimo 28 aprile, il meglio della collezione di arte africana di proprietà dei coniugi Wally e Udo Horstmann. Un compito non propriamente semplice quello dello studioso di arte africana, avendo dovuto individuare poco più di una ottantina di pezzi tra le diverse centinaia di cui consta la collezione, ritenuta tra le maggiori e più importanti del mondo.
Al cui interno sono inventariati esemplari di tutte le tipologie con cui tradizionalmente vengono suddivise e sistematizzate le opere dell'ingegno africano fin qui conservate: andando dalle sculture che ricordano gli antenati, alle statue apotropaiche di significato magico-religioso, alle celebri maschere, agli utensili di uso comune.
Materiali accomunati da un generale livello qualitativo alto. La collezione Horstmann nasce come espressione di una più generale tendenza a prendere atto, non solo del valore storico, antropologico ed etnografico, della scultura africana, bensì del suo intrinseco merito artistico, con gli stessi parametri con cui si guarda all'arte occidentale.
Così a Roma Maggia rinviene attraverso le sue accurate scelte tra antiquari, aste, fino ai mercatini dove spesso si trovano ancora chicche incomprese, testimonianze di alto valore documentario non disgiunte da una loro sottesa artisticità di un Leopoldo Alinari, piuttosto che di Francesco Paolo Michetti o del pittore emiliano Zampighi, per citare solo rari nomi del lungo elenco dei protagonisti in mostra.
Bassani dal canto suo a Mendrisio ci fa ritornare, con il senso acutizzato della vista e non solo dell'erudizione, all'origine dell'arte contemporanea e delle avanguardie, per le quali, da Picasso, dal Picasso dell'anno di grazia 1906, a Giacometti, a Moore, a Matisse, a Brancusi, le opere misteriose dei dogon del Mali o degli zulu del Sud Africa, l'arte allora detta semplicemente "negra", sono stati autentici colpi di fulmine.