La presentazione della pregevolissima mostra Carte d'arte, ha vissuto più momenti nel fine settimana: la conferenza stampa, subito seguita da una inaugurazione ristretta a pochi privilegiati dotati di invito; e al sabato pomeriggio l'inaugurazione ufficiale in concomitanza con la presentazione al pubblico dell'ultima creatura di Colophon: il volume con poesie di Sebastiano Grasso e interventi artistici di Agostino Bonalumi.
Ma pur beneficiata di tante attenzioni è sembrata che la mostra passasse quasi in secondo piano stretta com'è stata tra il vasto programma forse inopportunamente presentato in contemporanea dall'Associazione Varesevive e le richieste trapelate in sede pubblica, legittime peraltro, tra il presidente dell'Associazione Giuseppe Redaelli e le autorità del comune di Varese, presenti nei vari momenti.
Fatto sta che, un occhio ai giornali, su cui campeggiava sopratutto il riferimento a Caravaggio e un altro alla non alta affluenza convenuta a Villa Mirabello, serpeggiava un certo malumore, nel pomeriggio di sabato, tra gli organizzatori
L'impressione è che Egidio Fiorin, creatore della prestigiosa collana di edizioni d'arte Colophon, si sia trovato a barcamentarsi, pubblicamente, tra le questioni irrisolte della statua di Salvatore Fiume acquisita anni fa e in odore di essere collocata in piazza del Tribunale, la ristrutturazione del Globo, il piccolo teatro di Biumo inferiore, il barocco, Caravaggio, la Triennale e quant'altro. E che il clou di questi giorni, la mostra Carte d'arte, appunto, e l'anteprima del volume di Grasso, siano passate, quasi in secondo, se non in terzo piano.
Ed è stato un peccato, crediamo, lasciare solo a pochi la possibilità di sentire Martina Corgnati introdurre la mostra, nel vernissage di venerdì sera, a fianco di Duilio Courir, a stretto colloquio con Roberta Cerini, la moglie di Enrico Baj, grande amico e collaboratore di Fiorin.
Un peccato; forse un errore di comunicazione. Forse un'ansia di comunicazione che ha tradito facendo mancare il bersaglio più immediato. Così appare non sottolineato a dovere questa volta dall'Amministrazione il conseguimento, faticoso, di un'altra tappa del recupero di Villa Mirabello, la storica sede museale varesina, che apre a questa mostra contemporanea, parte del suo primo piano finalmente, dopo anni, i suoi splendidi locali.
Per una museo che a fatica si sta togliendo polvere e calcinacci, ritrovando splendore e funzionalità, e una mostra che prima di passare da queste parti è stata vista in altri luoghi di vaglia e prestigio – solo per dirne uno, il Moma di New York – forse si poteva trovare una concentrazione maggiore senza disperdersi in più rivoli.
Resta naturalmente intonso tutto il valore dell'iniziativa. che ricordiamo nasce da volontà private e poi accolte dall'amministrazione civica con la concessione degli spazi museali.
Lasciando senza dubbio l'ultima parola a Fiorin, il quale ha più volte sottolineato l'aspetto principale di tutta questa operazione: "Che un imprenditore attivo nel campo dell'editoria come Redaelli, voglia celebrare gli ottant'anni della sua azienda invitando chi fa del libro un prodotto artigianale e artistico allo stesso tempo mi rende ancora più onorato e orgolioso che se fossi stato invitato da qualsiasi altro museo".
Al di là della bellezza intrinseca di queste opere che speriamo adesso possano godere da parte dei varesini di tutto l'interesse che meritano.