Non evento, neppure happening o performance, ma "rito", quello andato in scena sabato 19 maggio alle Fornaci Ibis di Cunardo. Almeno, un rituale che univa poesia, teatro e creazioni d'arte, doveva essere nelle intenzioni degli organizzatori – i fratelli Robustelli per l'associazione CUN ART – e degli artisti partecipanti.
Sotto la rustica maestosa capriata delle fornaci, davanti a un nutrito pubblico, Maurizio Medaglia, assistito dall'attrice Francesca Contini, ha interpretato una "lettura ritualizzata" di suoi versi dedicati a due delle pietre più antiche e cariche di senso del Mediterraneo: la pomice e l'ossidiana.
Una pomice e un'ossidiana uscivano dalle tasche del poeta mentre con gesti ieratici interagiva con la figura femminile nerovestita. La scenografia, ridotta al minimo, ma caratterizzata da una serie di sculture in ceramica di Stefano Medaglia, cui si devono anche i due "volumi" appesi dietro agli attori, con i segni e le parole collegati alle pietre "sacre".
Il "rito", articolato in tre nuclei tematici e cadenzato come si conviene, ha fatto da introduzione alla sala espositiva delle Fornaci ov'è la mostra "TRILOGIA", generata dalla parola poetica. Nel senso che i componimenti di Maurizio Medaglia sono stati pubblicati in tre distinte cartelle stampate da Pierluigi Puliti per lo "Sciamano Editore" di Milano, con opere grafiche di tre artisti, cui l'esposizione è dedicata.
Oltre a Stefano Medaglia, fratello di Maurizio, i "fiancheggiatori" del poeta sono Enrico Della Torre, maestro dell'astrattismo lirico, e Guido Botta, figlio di Mario Botta. Tutti e tre, in tempi diversi, hanno lavorato alle Fornaci, con i risultati che si vedono in mostra, dove si trovano anche i libri d'artista e le tavole di una trilogia davero ricca di materiali.
Enrico Della Torre erano 40 anni che non tornava alle Fornaci, per i testi di In linea d'aria ha realizzato quattro incisioni dal felice nitore formale, che confermano l'armonia segreta della sua arte essenziale e meditata.
Guido Botta, che frequenta i territori dell'architettura, si è detto contento di aver potuto sperimentare, a Cunardo, la bellezza impagabile del gesto fisico, tanto sulla carta che nella creta. I suoi multipli in ceramica, in rigoroso bianco-nero, sono oggetti dal design un po' freddo e mentale.
Nulla a che vedere con le forme colorate e gestuali, in qualche caso totemiche, realizzate da Stefano Medaglia, che pur nei "Volumina" si è servito di tecniche digitali.
Nel luogo della creta, è risuonato il canto delle pietre, che ha dato origine al segno creativo di tre autori così diversi e così contenti di questa occasione di lavoro e di incontro-confronto. Soltanto in un luogo-laboratorio storico, di forme e di cultura, come le Fornaci Ibis di Cunardo, regno dei fratelli Robustelli, si poteva ideare e realizzare un cortocircuito, piuttosto riuscito, fra tradizione e ricerca contemporanea.
L'evento – anzi il "rito" – è stato unico, non si replica, anche se erano in azione gli allievi del Conservatorio Internazionale di Scienze Audiovisive (CISA) Pio Bordoni di Lugano, che hanno documentato – a mo' di lezione sul campo – l'avvenimento. Coordinati da Adriano Schrade, produrranno un audiovisivo sul pomeriggio di Cunardo, incentrato sul momento del "rito".
Siccome al "rito", in genere, si abbina il convivio, non è mancata la degustazione di formaggi affinati entro la creta e bagnati da un vino invecchiato… entro anfore. Come a dire, alle Ibis se non c'è creta – parola sanscrita che contiene la radice del "fare" come "creare" – non c'è gusto, non si è di casa.
Se non ci fossero le Fornaci di Cunardo, nel nostro territorio, bisognerebbe crearle. Ma per questo artistico "rito" – scusate – le virgolette sono di rito.