I misteri del Piccio – Esistono ancora misteri sull'esistenza del Piccio, che nemmeno l'importante mostra cremonese appena conclusa è riuscita a dipanare. L'amore per la cantante Maria Malibran, figura tra le più affascinanti dell'Ottocento, ad esempio; o il mitico viaggio a Parigi dell'artista. Ad oggi, esiste ancora il doppio partito tra i critici più accreditati. Chi lo crede realmente avvenuto e chi lo ritiene ancora ennesimo esempio di quell'aura di mistero, di incognita che ha avvolto ora come allora la vita da leggenda del crepuscolare, talentuosissimo pittore di Montegrino.
La trasfigurazione dell'arte – C'è un modo per superare l'empasse, nel campo della biografia spicciola, nel campo delle vere o presunte passioni che hanno sfiorato la vita del Carnovali. Trasfigurarle nell'arte, nelle possibilità del teatro che condensa in una unità surreale frammenti di vita, storicamente inconciliabili, che gli annali ancora non certificano. E' quello che farà una pièce in preparazione in questi giorni, promossa dall'Associazione Amici del Piccio di Montegrino, cresciuta nelle mani di Silvia Sartorio, attrice ma in questo caso regista, di Alessia Bianchi, responsabile della scrittura del testo e di un gruppo di attori non professionisti, coltivati al teatro nelle scuole propedeutiche di Luino e Varese.
Piccio lo strambo – "Il nostro strambissimo Piccio", ne sarà il titolo. Citazione dall'amabile, confidenziale definizione con cui il Diotti chiamava lo stralunato allievo dell'Accademia di Bergamo, proveniente da un paese quasi montagnino a pochi chilometri dal Maggiore. Ma 'nostro' sta anche ad indicare una volta di più l'orgoglio di Montegrino, che ospiterà la prima il 2 agosto, a rivendicarne le origini. E sta, infine, a sottolineare la calda confidenza del vero motore dell'azione teatrale: quattro donne, le quattro donne che in un modo o nell'altro hanno toccato, incrociato, sfiorato la vita dell'artista.
Le donne di una vita – La madre; la contessa Spini, scopritrice del talento precoce, Margherita Marini, l'amore platonico, la donna angelica; Maria Malibran, infine, la passione. "L'idea – spiega Alessia Bianchi, Malibran in scena – non è quella di raccontare l'artista da un punto di vista critico ma di fare emergere il lato più umano, sentimentale, ma anche l'estro e la sua stravaganza. Basandoci su testimonianze storiche, aneddoti accertati, lettere, ma anche su eventualità non ancora certificate". L'amore passionale per la Malibran, ad esempio. E' certo si siano conosciuti e frequentati. Esiste anche una lettera che ne testimonierebbe l'ardore. Ma non autografa. Uno dei tanti misteri.
L'incontro corale – Sul palcoscenico tuttavia la Malibran così come le altre figure femminili ne racconteranno una parte, come porzioni di unità che alla fine si ricompongono surrealmente e fuori dal tempo nella coralità di un incontro mai avvenuto. Le donne si trovano a tu per tu tra di loro, e tutte insieme con l'oggetto dei loro sentimenti, il pittore interpretato dall'attore varesino Massimo Barbieri, ciascuna con la propria lettura differente: non con la chiave, ma con una possibile chiave del mistero.
Non pura filologia ma emozione scenica – "E' una visione astratta", conferma Silvia Sartorio. "Pur avendo avuto la supervisione filologica di Carolina De Vittori, presidente dell'Associazione Amici del Piccio e cultrice della materia – continua la regista – il nostro sarà un racconto in cui vorremmo che prevalesse la dimensione scenografica, l'effetto emotivo. Cercheremo di recuperare alcuni indumenti iconografici particolarmente significativi, come quelli del ritratto della Contessa Spini; utilizzeremo arie già cantate dalla Malibran, ma anche da Mozart e Vivaldi. Se riusciremo vorremmo anche proiettare le immagini di alcuni lavori dell'artista".
L'uomo nella tinozza – Il finale della piece è ancora in fase di definizione. "Non sarà la morte, avvenuta per annegamento, sicuramente – confida ancora Silvia Sartorio – probabilmente l'immagine del pittore che dipinge nella tinozza. L'ultima ora sarà forse solo raccontata, anche questa in una dimensione atemporale". Così come serviranno ad allontanare dalla cronaca minuta altri accorgimenti. "Abbiamo inserito alcuni stralci critici tratti dalla letteratura sul Piccio – riprende Alessia Bianchi – una descrizione desunta dal Manzoni del paesaggio lombardo, un collage di poesie di Igino Tarchetti di contenuto amoroso, una lettera storica sui fatti del '48".
A Piero Chiara – A Montegrino l'attesa per "Il nostro strambissimo Piccio" è alta. Nel piccolo teatro Sociale già proprietà dei conti Biandrà di Reaglie, la capienza è poco più di un centinaio di posti. E, surreale per surreale, ci piace immaginare che ci potesse esserci anche un Piero Chiara, da qualche parte, a farne la cronaca, e registrasse le stesse ovazioni tributate al Conte Ramino. Con o senza la tempesta.