La logica delle meraviglie – Il giardino ha già qualche presenza, delle sculture in metallo che scopriremo realizzate per gioco, ma il mondo logico delle meraviglie si squaderna all'interno della casa-museo e casa-studio di Angelo Bertolio.
L'esilio dell'iniziato – Siamo andati a visitarlo a Barasso, dove si è ritirato e vive da anni in esilio, una sorta di asceta e di iniziato al progetto, alla costruzione e alla custodia di forme artistiche – plastiche e pittoriche – assolute. Il suo catalogo, che meticolosamente cura, ne conta duemilaseicentotrenta, con l'ultima ancora fresca, sul tavolo.
Dietro Ermes – Come fosse Ermes, Bertolio ci conduce nel suo regno, attraverso gli ambienti abitati dalla presenza rasserenante e non ossessiva dei suoi lavori, nonostante si avverta che il discorso è unico, ripetuto come un rito. Un'esperienza quasi mistica è la discesa nel sancta sanctorum della casa, il sotterraneo dove sono esposte le opere in plexiglas, alcune girevoli: pensieri di luce, di una geometria non fine a se stessa ma rivelatrice di una legge superiore. Si percepisce il sacro rispetto e il pudore per questi lavori, concepiti più di trent'anni fa.
Ci può raccontare le fonti del suo lavoro?
"Nel mio bagagliaio ci sono le culture primitive, ma soprattutto l'arte greca arcaica, così essenziale e così spirituale. Alla passione per l'archeologia si è unita la formazione da perito tessile, che mi ha insegnato una logica costruttiva molto complessa, affascinante e rigorosa."
Dunque, è arrivato all'arte senza studi specifici?
"Sì, ho iniziato combinando una serie di cubetti in una cassetta. Non ho più smesso."
Ci parli delle opere in plexiglas…
"Risalgono agli anni 69/70, sono le più interessanti di tutto il mio lavoro, perchè nuove, originali, non fatte "alla maniera di….""
Che cosa rappresentano?
"Sviluppano nello spazio delle forme geometriche primarie: le lastre di plexiglas riflettono la luce, alcune sono pensate in movimento, esprimono le leggi fondamentali del cosmo. Forse non sono state ancora capite."
Quale altra ricerca ha affrontato?
"Quella che io chiamo Simbolismo costruttivo, composizioni dove rivisito e rielaboro secondo una visione moderna gli archetipi delle culture primitive, dagli Egizi ai Camuni. Tutto viene dall'Egitto."
Come è stata giudicata?
"Alcuni critici hanno espresso delle riserve, ma io vado per la mia strada. Lavoro per me stesso."
Che cosa rappresenta, nella sua arte, il modulo?
"Ne è la base matematica, geometrica, estetica. Ma anche etica: l'uomo e l'artista non hanno capito abbastanza l'importanza della geometria. Ho scoperto un modulo che permette infinite costruzioni e combinazioni, un formidabile generatore di forme e spazi, che si ritrova in molti miei lavori."
E il colore?
"E' lo stesso che per la forma, m'interessa nella sua essenzialità. Ci sono arrivato studiando le teorie di Itten. Adopero il bianco, il nero, i colori primari e il verde nei loro valori assoluti."
Qual'è, in sintesi, il tema della sua arte?
Gli occhi cerulei di Bertolio danno un lampo:
"La verità…e la purezza. L'onestà intellettuale di lavorare avendo di mira solo questo, senza barare, senza inseguire il successo."
E la sua adesione al movimento "Madì"?
"Per non sentirmi troppo isolato, ho aderito al Materialismo Dialettico, un movimento nato in Argentina operante a livello internazionale, diviso in gruppi nazionali. Organizza mostre in tutto il mondo."
Qual'è il suo assunto fondamentale?
"Quello di rompere con il quadrato, con i limiti tradizionali dell'opera. Ma il mio lo chiamo "Madì Artitettura": io rimango legato all'ortogonalità e a un discorso non fine a se stesso, ma mezzo di conoscenza spirituale."
Come si è trovato, a Varese?
"Mah, vede, questa zona è stata capace di produrre dallo spillo all'elicottero. Il lavoro, e il guadagno, vengono prima di tutto. All'arte, non si dà tanta importanza; si figuri che il mio museo esiste, dovrebbe far parte del Sistema che fa capo alla GAM di Gallarate, ma non viene visitato da nessuno. La mia arte interessa a pochi, ma io vado avanti. Oggi ho firmato l'opera numero 2630"
La sua arte, impareggiabile sintesi di passione e rigore, è una via iniziatica alla conoscenza della verità?
"Non saprei…, entriamo in un discorso delicato. Ma le consiglio un libro, I grandi iniziati, di Edouard Schuré."