Sospesa – Il museo sempre in forse, così come il suo quasi gemello Muel, non a caso per un tempo appaiati nella stessa sede, la dependance di Villa Toeplitz. Anche la Collezione Etnografica dei fratelli Alfredo e Angelo Castiglioni, due numi tutelari delle ricerche archeologiche, soprattutto in Africa, donata al Comune poco meno di una ventina di anni fa, giace da tempo tra color che sono sospese.
Da un parco all'altro – Originariamente collocata nell'edificio attiguo al Castello di Masnago, quando quest'ultimo è diventato sede permanente della pinacoteca, anche l'affascinante accampamento tuareg ricostruito dalla celebre coppia ad uso eminentemente scolastico, ha dovuto cambiare sede. La si trovò proprio nel parco di Villa Toeplitz, in quella che in quegli anni sembrava potesse diventare una piccola cittadella della cultura varesina: la prevista Accademia di Belle Arti, il Museo Elettronico e la Videoteca Giaccari e appunto, rivisto, aggiornato ed ampliato, il bagaglio di reperti raccolto dai due gemelli in quasi quarant'anni di ricerche.
La collezione nomade e muta – "E' sempre in fase di spostamento, sempre in cerca di una destinazione diversa e piu grande – sospira Angelo Castiglioni raggiunto telefonicamente – ma, come sempre, è tutto fermo per mancanza di quattrini". Chi arriva a Villa Toeplitz non viene neanche sfiorato dal dubbio che da qualche parte ci possa essere qualcosa del genere. Trova la recente iscrizione dedicata a Josemaria Escriva, fondatore dell'Opus Dei; un vecchio manifesto ornitologico, incartapecorito, poche indicazioni in merito ai dipartimenti universitari. Silenzio assoluto sulla collezione Castiglioni. Non una freccia, non una indicazione, non un cartello, non un numero di telefono.
Appunti sul taccuino – "E' una cosa che ci è stata segnalata spesso – continua Castiglioni – da più parti.Ma sa, noi siamo spesso via per le nostre missioni, non riusciamo a dedicare molto tempo alla raccolta. E' certo che in questa situazione di attesa perenne di un cambiamento, il Comune non voglia farsi carico di spendere per la promozione. Ma sicuramente prenderemo contatti a breve con il sindaco Fontana che conosco molto bene, per vedere di fare qualcosa, di risolvere il problema".
Bei tempi – La collezione è chiusa al pubblico. Anzi no. E' aperta. Le porte si aprono solo su prenotazione. Si chiama, Villa Mirabello o il Castello di Masnago, o l'assessorato alla cultura – non c'è chiarezza, nemmeno su questo fronte – e un operatore va a Sant'Ambrogio per aprire le sale. Niente guida. Ci sono, (ci sono ancora?), gli apparati didattici. Ma quanti sono gli appassionati che si prenotano? "Appena aperto – ricordano i due fratelli – erano molte le scolaresche che venivano e lasciavano giudizi molto lusinghieri sui registri che per un certo periodo abbiamo anche conservato". Si era sul finire degli anni Novanta. Un allestimento nuovo di zecca, nuove vetrine, decorazioni murali realizzate da due allievi dell'Accademia di Brera, Samanta Severgnini e Vincenzo Marsiglia. Entusiasmo diffuso. Un lavoro davvero bello, esaustivo di una vita spesa a contatto, alla ricerca e alla scoperta di popolazioni lette, dai più, solo sui libri.
Per pochi intimi – Poi, in diminuendo. Come è nell'ordine delle cose. La procedura è, convengono i due archeologici "troppo artigianale, farraginosa". Sarà anche per questo che cifre alla mano fornite da Villa Mirabello, la medie annuali delle ultime stagioni non superano i venti, trenta, massimo cinquanta visitatori annui. Segnali di inversione di tendenza? Sono stati fatti laboratori didattici, alcuni mesi scorsi, utilizzando anche materiale proveniente dalla collezione. Più di recente, sembra che un nuovo sistema computerizzato di sound and vision – lo spettacolare dispositivo che regola l'illuminazione diurna e notturna dell'accampamento tuareg – sia stato presentato ai responsabili della struttura ed anche approvato; e "questa – auspicano i fratelli Castiglioni – potrebbe essere una modifica molto interessante".
Addio alla vipera – Ma di nuovi spazi all'orizzonte ancora non si parla, di una struttura a livello logistico che possa dare continuità ad un progetto culturale legato all'etnografia, nemmeno. Pare troppo anche segnalare un nome o un numero di telefono sul citofono. Ai Castiglioni, archeologici, divulgatori appassionati, già nella storia non fosse altro che per lo straordinario rinvenimento della città di Berenice Pancrisia, la città citata da Plinio, nel deserto sudanese, l'entusiasmo non è mai scemato. E nemmeno la voglia. La vipera del deserto, attrazione unica della collezione, lei invece è morta, dopo 32 anni di 'onorata attività'.