Italian Factory – Tutte le 140 opere di Andy Warhol esposte ad Arona – che nella giungla dei falsi il direttore artistico di Villa Ponti, Carlo Occhipinti, garantisce autentici – provengono da collezioni italiane. Il che la dice lunga sulla fortuna italiana dell'artista, che non conosce flessioni e comunque – sempre a detta di Occhipinti – il mercato continua a corteggiare e rilanciare.
Made in… – Il titolo si riferisce al fatto che Andy Warhol organizzò la sua produzione artistica secondo logiche industriali, sottoposte a un rigoroso controllo di qualità. Fatto sta che, qualsiasi soggetto trattasse – da un volto famoso a un fiore, da una banana a una mucca alle pagine dei rotocalchi – l'artista lo trasforma in un'icona moderna eppure classica, esteticamente pregnante e seducente.
Icone immortali – Ad Arona si può "ripassare" il genio e il gusto grafico inconfondibile di Warhol attraverso quasi tutte le sue più efficaci realizzazioni. Non può mancare l'immagine che diffuse su scala planetaria il mito di Marylin Monroe, o la politica "esteticamente" corretta dei ritratti di Mao e Lenin, opere nei quali risalta particolarmente la base fotografica del lavoro di Warhol.
Fotogràfilo – Il suo intervento spesso è il maquillage grafico-coloristico di una preesistente immagine fotografica. Del resto, Occhipinti ricorda di aver scelto per la copertina del catalogo l'artista letteralmente "aggrappato" alla sua macchina fotografica, da cui mai non si separava, al punto da ritenerla (monogamicamente) sua "moglie".
Serigrafie – La sua tecnica realizzativa preferita è rimasta nei decenni la serigrafia a colori. Rispetto al prototipo, gli consentiva una serie limitata ma consistente di variazioni, soprattutto cromatiche, tenendo salda l'inquadratura originaria e ottenendo opere grafiche in serie non esattamente uguali l'una all'altra. Il procedimento serigrafico è infatti sì meccanico, ma non tale da escludere – come per qualsiasi tipo di lavoro calcografico – un quid di unicità per ciascuna stampa uscita dal telaio.
Galleria dell'American Style of life – La mostra di Arona espone a ritmo serrato e in spazi non grandi (con un certo effetto di compressione) pressoché tutti i lavori più noti dell'artista, comprese le prove degli inizi, quando per campare illustrava gli articoli di una fabbrica di scarpe. Non può mancare la "Zuppa Campbell's", solenne incarnazione della "religione" della merce di largo consumo, da Warhol officiata con bravura e disciplina.
Non fu solo Pop – Manifesto della Pop-Art d'oltreoceano, ci ricorda un'etichetta che va decisamente stretta all'arte di Warhol. Una rivelazione, di bellezza estetica e soltanto apparente indifferenza etica, le due serie grafiche complete dedicate ai travestiti ( Ladies and Gentlemen,1975) e all'epopea del West ( America,1983), sino al culmine del soggetto-sedia elettrica trasfigurato in metafisica epifania.
Fu vera rivoluzione – A dispetto di tutto quello che si è detto e scritto – sovente per invidia o per vizio purista – sulla produzione artistica di Warhol, la sua fu una vera rivoluzione, quasi ontologica, del modo d'intendere l'oggetto artistico. Nessuno più di lui – e molti sulle orme di lui – innovò il sistema contemporaneo delle arti, usando tutti i mezzi a disposizione di una società evoluta, ma non prima di avere appreso e digerito tecniche e valori della tradizione.
Last work – Andy Warhol morì nel marzo 1987 durante un'operazione alla cistifellea, un mese dopo aver presentato a Milano la sua ultima opera, che Arona non si è lasciata sfuggire: L'ultima Cena di Leonardo "virata", retinata, sezionata e raggelata alla Warhol, ossessionato dal demone di far soldi con la sua arte, dichiaratamente, senza ipocrisia.
Omaggi – Una delle prime sale espone alcuni omaggi al Re Mida Warhol, opera di Arman, Ugo Nespolo e Lara Martinati, tra citazione tecnica e iconografica. Vi sono anche le tragiche foto scattate da Maria Mulas a Milano, in occasione della sua ultima apparizione pubblica.
Capolavori – Forse nel caso di Warhol, paradossalmente, si può spendere il nome di "capolavoro" riferendolo a quasi tutti i suoi lavori, stante il successo che ebbero, la riconoscibilità e la capacità di inaugurare e rinnovare un filone iconografico. Sempre rimasto nel figurativo, amante folle della grande arte italiana, a chi gli ricordava che Picasso nella sua lunga vita aveva realizzato circa 4000 capolavori, disinvoltamente rispose: "Cielo! Io, 4000 capolavori li faccio in un giorno!".