Il titolo – "Cosa vedi di me" pare quasi una domanda senza punto interrogativo, che rivela l'anima dell'esposizione, ovvero sia la ricerca di un contatto, il desiderio della figura ritratta di interagire con il mondo esterno attraverso il sottile diaframma dello sguardo. Sono sguardi, quelli dipinti da Daniela Nasoni, che si perdono nel bianco del colore e della tela, che appaiono, guardano e si negano tra i frammenti di parole stampate, sottratte alla realtà quotidiana. Gli occhi di figure femminili che chiedono di essere visti, apprezzati, anche negati, perché no, e che sanno di esistere attraverso lo sguardo, le parole, i giudizi di chi li intercetta, li incrocia, li scruta, li snobba.
L'applicazione di frammenti di quotidiani – Una tecnica forse un po' troppo usata dagli artisti, ma l'azione di fissare sulla tela parole e fatti presi dalla quotidianità, cioè frammenti di realtà, per Daniela significa preservarli dalla distruzione o dispersione cui sono destinati ed ugualmente significa sottolinearne il valore di fugacità, di inesorabile scorrere di quel quotidiano in cui a fatica ogni individuo cerca di affermare il proprio essere, per sfuggire all'oblio.
Un'affermazione dell'io – Le figure dipinte, nelle quali non è individuabile alcuna persona in particolare, lanciando una sorta di grido muto di riconquista di sé e del rispetto in una realtà caotica e smarrita fra apparenze e aspettative, fra bellezza e vuoto, tra arrivismi e bruttezze, rivendicano una loro umanità, profondità e autenticità che è poi quella che l'artista vuole mostrare di se stessa.
Al di là dell'apparenza, al di là della pura forma – A prescindere dal fatto che la ritrattistica è la base dell'arte di Daniela, per cui non c'è da meravigliarsi che la pittrice abbia dedicato un'intera mostra a questo genere pittorico, i ritratti, esposti a Gallarate, rappresentano figure di una umanità silenziosa, che non è mai prorompente, ma che è in attesa di uno sguardo che la sappia vedere e interpretare al di là dei contorni, oltre le forme. Che sappia cogliere il significato al di là del significante.
La figura femminile – È il soggetto prediletto dalla pittrice, perché sono proprio i volti femminili ad essere maggiormente bersagliati dai mezzi mediatici che, rendendoli perfetti con i foto-ritocchi, ne fanno dei "mostri perfetti", ma irreali, finti che si prestano facilmente a diventare miti sociali. D'altronde la delicatezza del volto femminile provoca, si fa guardare. I ritratti di Daniela, però, non vogliono essere le foto perfette, come quelle che lei stessa definisce "lavate in candeggina", riferendosi alle immagini fotografiche di certe donne che compaiono sulle copertine di molti giornali. I tratti fisionomici si dissolvono appositamente nel bianco, lo sguardo emerge per imporre un altro tipo di osservazione: lo sguardo si fa porta dell'io, permettendo di raggiungere l'identità ultima, eterea, inafferrabile del soggetto dipinto.
Il bianco – In alcuni punti del quadro copre, in altri suggerisce, senza mai rivelare pienamente i tratti delle figure, soprattutto circonda i loro sguardi, perché attraverso esso avviene l'osmosi tra il dentro e il fuori, tra l'io e il mondo, è nella rarefazione delle forme creata dal bianco che si compie il salto esistenziale, che consiste in un altro vedere, in un altro ammirare, che è quello di coloro che nelle persone e nella realtà del mondo non vi vedono solo il bello o solo il brutto, ma che vi scorgono anche la noia, anche l'orrore, anche la gloria, per dirla con le parole del poeta Thomas S. Eliot.
La mostra a ottobre sarà a Orta, presso l'Hotel San Rocco, e da novembre girerà l'Italia, ospitata dalle filiali della Banca Sella, toccando diverse città, come Bologna, Vercelli, Brescia, Firenze, Napoli.
Cosa vedi di me. Opere di Daniela Nasoni
Pro Loco – Vicolo del Gambero 10
Gallarate (VA)
Dal 29 settembre al 12 ottobre 2007
Dal lunedì al venerdì: 10:30-12:30; 16:30-19:30