L'illustrazione capillare – "Difficile dire sia un unicum, ma certamente Guttuso è uno dei pochi artisti che ha portato il problema dell'illustrazione fuori dal ristretto ambito del bibliofilo".
Enrico Crispolti non ha molti dubbi in merito. "Ha trasceso quell'allure collezionistico che animava simili esperienze, quali erano quelle già praticate da De Chirico o da Carrà e le ha investite di quella sua irruenza tipica, di quell'enorme espressività che contraddistingueva la sua pittura, facendoli entrare direttamente nella contemporaneità e soprattutto in un circuito mediatico enormemente più capillare".
Di atmosfere varesine – Il massimo conoscitore di cose guttusiane, a Varese per presentare la mostra "Renato Guttuso illustratore" si presta a riannodare il filo dei ricordi. Non è la prima volta che da Roma viene da queste parti. Molte volte è stato a Velate, Guttuso vivente; non solo. Crispolti è forse anche la massima autorità in materia di esegesi fontaniana. Suo è il catalogo generale dell'autore dei tagli, riaggiornato e ristampato proprio di recente. Di Comabbio, di origini varesotte, di queste atmosfere, in qualche modo i suoi studi respirano.
La necessità del disegno – "Guttuso aveva una necessità fisiologica di disegnare e dipingere", dice, riprendendo il filo del discorso; "Se ci fosse lui al mio posto, durante queste intervista, lui sarebbe qui a disegnare sopra questa teca. Era una sorta di condizione inevitabile. Ed era inevitabile che questa necessità trovasse una manifestazione anche nel genere dell'illlustrazione. Un aspetto che tra l'altro conciliava perfettamente con la sua passione per la letteratura". Con un'urgenza appunto che ben si addiceva alle tirature diffuse, dell'edizione di lusso, così come, al disegno per le riviste, fino alle illustrazioni per rotocalchi da tiratura popolare.
Guttuso romantico e Guttuso politico – "Ho amato Guttuso – continua Crispolti – ma approcciarmi a lui non è stato facile". Ricostruire la vicenda critica di Crispolti è davvero ripercorrere le tensioni in atto nelle vicende culturali dell'Italia del dopoguerra. Suo maestro era Lionello Venturi, riconosciuta guida carismatica per le nuove generazioni nate a cavallo degli anni Trenta e Quaranta. Quel Venturi che amava Guttuso, ma solo "fino al Guttuso 'romantico', fino 1948, prima che la troppa politica lo rovinasse". Crispolti ha dovuto quindi 'recuperarlo', in termini critici, in mezzo ai dubbi disseminati tra i suoi studi, facendosi largo nelle divergenti scuole di pensiero.
Lo sdoganamento – "Ho fatto fatica a recuperare la dimensione di Guttuso – racconta – poi però ci fu la grande mostra alla Pilotta di Parma del 1964. ma soprattutto quella ad Arezzo nel 1967 "Sei pittori italiani dagli anni Quaranta ad oggi", quella che esponeva Guttuso, insieme a Burri, Cagli, Fontana, Moreni, Morlotti, curata da me e da Del Quercio che 'sdoganava' anche il figurativo Guttuso insieme ai capisaldi dell'antifigurazione e dell'astratto. Era come se si unissero le due anime dell'arte italiana e della stessa critica".
Stima reciproca – Di nuovo Guttuso e Fontana. Lontanissimi, eppure con punti di contatto e non solo per questioni di varesinità: "C'è una lettera di Guttuso, quando faceva il militare a Milano, in cui parla già, a lungo e molto bene di Lucio Fontana", ricorda ancora Crispolti. E d'altro canto, il genio dei tagli e dei soffitti al neon non aveva dubbi: "Per Lucio, Guttuso era senz'altro il miglior pittore figurativo".