La crescita – Ha avuto la benedizione di Dario Trento, la giovane pittura di Federico Romero Bayter, il ventiseienne colombiano, trapiantato in Italia, recente vincitore del Premio Ghiggini ArteGiovani ed oggi in mostra nella galleria varesina con una personale. Nella quale esibisce, a distanza di pochi mesi dalla sua partecipazione al Premio, una crescita avvertibile. Ha lavorato e non poco, è essere cresciuto artisticamente, irrobustendo con tenacia e convinzione la propria identità stilistica.
L'immagine nervosa – Alle spalle, nel 2007, una personale a Genova – per la cronaca i suoi lavori sono stati tutti venduti -, a breve una personale a Ferrara. In mezzo questo ritorno varesino. Nel quale Federico segue il suo schema di professionista che non perde di vista l'importanza di presentarsi al pubblico, mostrando l'intero suo processo creativo: dal disegno all'opera finita. Progetti stesi sul foglio bianco, tra cui anche uno realizzato per piazza Monte Grappa, come per lasciare un segno del suo passaggio. L'immagine nervosa, abile, da pittore architetto. Nero su grigio su bianco, il segno insistito, ipnotico, come un frottage di cui tuttavia si già chiaro in partenza l'esito plastico che vuole ottenere. Meditato.
Le città del ricordo – Bayter si muove nel figurativo, che oggi sta tracciando percorsi vincenti, seguiti, insistiti, rivalutati. Ma lo fa con rabbia, lucidità da archeologo dei vuoti e dei pieni, con una rabdomantica capacità di delineare l'anima del luogo, fotografandone l'essenza spogliata da tutto. Costruzioni, prospettive, incastri plumbei, sagome ossute di agglomerati urbani che occupano il fuoco visivo in tagli a volo d'uccello, appena rischiarati da cieli poco più che animati da giallastri bagliori. Tutti tratti, questi, che traspone con acribia sul grande formato, spesso superiore ai due metri, come riportato a misura monumentale da un virtuosistico plotter immaginario, dove gli scorci delle sue città di riferimento e del ricordo più intenso, di solito Bogotà e Medellin, si aprono a vastità inedite, a volte inaudite e coinvolgenti.
Il mestiere e la necessità – Fedele alla pittura come pratica di ogni ragionamento sull'arte, Bayter non è quel che si dice un giovanissimo. A ventisei anni molte cose un artista può aver già detto. L'italo-colombiano matura tuttavia una doppia volta. La sua adolescenza in patria a contatto con gli insegnamenti del nonno, celebre pittore e docente colombiano che lo instrada alla visione dell'arte ancora piccolino. Poi la conoscenza diretta con i grandi riferimenti del figurativo europeo e, dal suo osservatorio di Brera, di quello italiano. Difficile o naturale che sia sintetizzare le due esperienze, Federico Romero Bayter inscena una versione pittorica del vedutismo urbano, non esente da alcuni trucchi di un mestiere ormai dominato, ma con una forza e da una necessità che sembrano davvero a tratti trascinante.
Federico Romero Bayter, "Labirinti di solitudine"
19 ottobre – 11 novembre 2007
Galleria GHIGGINI 1822
Via Albuzzi, 17 -Varese-
Orario: da martedì a sabato, ore 10 – 12,30; 16 – 19,15 – INGRESSO LIBERO.
Catalogo in galleria con testo critico di Chiara Palumbo.
Per informazioni: tel. 0332-284025
E-mail: galleria@ghiggini.it