Solomon Guggenheim – L'architetto Sacchetti si lascia andare un po' ai gossip, nel raccontare di questa eminente figura del collezionismo mondiale. Erede, insieme ad altri quattro fratelli, della ricca azienda di famiglia, Solomon, incrementò il suo già vasto patrimonio sposando la ricchissima Irene Rotchield. Dall'ingente somma di denaro di cui i due coniugi disposero e dallo spirito avanguardistico di un uomo lungimirante e appassionato d'arte ebbe inizio l'avventura del collezionismo Guggenheim. Ma da ordinari acquirenti di arte figurativa, si trasformarono presto, Solomon soprattutto, in intenditori di opere d'avanguardia, grazie all'artista astrattista, Hilla von Rebey, che lo fece avvicinare all'arte dell'amico Kandinskij. Nel comprare un Kandinskij ed aprire un museo di Pittura Non-oggettiva a New York, Solomon si distinse inevitabilmente per un senso innato per l'arte, benché privo di cultura, soprattutto artistica. Una capacità di precorrere i tempi, quella di Solomon, testimoniata anche dall'incarico conferito a Frank Lloyd Wright, di costruire un nuovo Museo vicino al Central Park di New York, che contenesse la sua intera collezione, nel frattempo trasformatasi in fondazione ed arricchitasi di opere artistiche, non solo astratte, attraverso la donazione Nierendorf.
Il museo di Lloyd Wright a New York – Fu terminato dopo la morte del committente, ma "fin dal progetto iniziale", precisa Sacchetti, "Wright desiderava che l'edificio s'imponesse per struttura ed illuminazione nel tessuto urbanistico newyorkese e propose al pubblico una passeggiata attraverso il percorso collezionistico di Solomon". Un tragitto segnato sì da grande intuito per l'arte d'avanguardia, ma connotato anche dalla filosofia Guggenheim, secondo cui tra artista e collezionista non doveva esserci alcun intermediario nell'acquisto dell'opera. Solomon era solito infatti scegliere le opere della sua collezione direttamente dal cavalletto d'artista. Proprio per questo Wright suddivise lo spazio del suo museo in alcove simili a studi d'artista nelle quali i dipinti dovevano essere lasciati a terra, appoggiati alla parete perimetrale inclinata, come se si trovassero su di un cavalletto, illuminati dalla luce zenitale proveniente dall'esterno. Il particolare allestimento non fu, purtroppo, compreso dal nuovo direttore della fondazione Guggenmheim, Swenay, che lo snaturò completamente, facendo inserire nelle nicchie pannelli ai quali appendere i quadri e degli impianti di illuminazione artificiale per l'inaugurazione del nuovo museo avvenuta nel l952.
Il Guggenheim di Bilbao – Più recente rispetto al museo Guggenheim statunitense è quello progettato da Ghery a Bilbao. Questo è comunque analogo a quello americano sia nella scelta di linee e forme che rompono con il tessuto circostante, pur inserendosi perfettamente in esso, sia perché, con i suoi 11 mila mq di spazio espositivo, si impone sulla scena mondiale con parte della collezione Guggenheim ed opere assolutamente avanguardistiche ed attuali, strumento di continuità della tradizione e dello spirito di Solomon e della sua fondazione.
La stravagante Peggy – Sarà che nelle vene di Peggy scorreva lo stesso sangue dello zio Solomon, saranno state le vicissitudini di una donna dalla vita amorosa travagliata, saranno state le sue condizioni economiche favorevoli, ma anche le sue stravaganze, tanti possono essere i motivi, fatto sta che anche la nipote dello zio Solomon è passata alla storia come grande collezionista di arte d'avanguardia. "L'esperienza collezionistica di Peggy inizia negli anni trenta del Novecento quasi per caso", specifica Colombo: un'amica le consigliò di aprire una galleria o una libreria, per superare la profonda crisi d'amore nella quale era caduta. L'amicizia con Marcel Duchamp, con James Joyce e Thomas Beckett e la voglia di rivincita giocarono a favore di Peggy, che scelse di aprire una galleria a Londra, chiamandola "Guggenhiem jeune". Erano gli anni in cui nella capitale britannica il Surrealismo era alla luce della ribalta. Le mostre allestite nel nuovo spazio espositivo erano attraversate da un grande senso per la novità, l'attualità, tipo l'esposizione dedicata alle sculture moderne di Brancusi, Duchamp e Pevsner. Allo scoppio della seconda guerra mondiale, però, Peggy dovette lasciare l'Europa alla volta di New York, imbarcandosi con la sua ormai cospicua collezione. Negli Stati Uniti, però, dovette fare i conti con la rivale di un'intera vita, l'amante dello zio Solomon, Hilla von Rebey. Tuttavia, nonostante le invidie, nonostante gli impedimenti di quest'ultima, Peggy prevalse, riuscendo nel 1942 ad inaugurare un nuovo spazio per mostre a New York, "Art of the Century", che si impose, neanche a dirlo, per la stravaganza dell'allestimento, giocato su luci e colori violenti, per l'apprezzamento di numerosi critici dell'epoca. Una nuova crisi amorosa, il profondo dispiacere per la perdita delle figlie e i continui dissidi con la Rebey furono causa del suo rientro in Europa. Scelse Venezia.
Il museo veneziano – Elesse l'ex-palazzo Venier come sua nuova residenza, come sede della sua intera collezione artistica e come punto d'incontro per artisti italiani e stranieri dell'epoca. Uno sguardo alle sale, proposto dall'arch. Colombo, rivela l'importanza di questa figura per il mondo dell'arte. Una donna tanto ricca e famosa quanto stravagante, che poté permettersi di appendere dei Kandinskij alle pareti della cucina o delle opere di Calder al soffitto, usandole come lampadari. Una vera e propria casa-museo quella di Peggy a Venezia, che vale la pena di essere visitata per chiunque si rechi nel più elegante salotto d'Europa.
Panza a Varese e nel mondo – Non serve andare tanto lontano per apprezzare l'arte americana, basta guardare non lontano dal centro di Varese, per scoprire quanto e come il varesino Giuseppe Panza, si sia distinto e continui a farlo, per essere il più grande collezionista al mondo di opere americane fuori dall'America. "Come i Guggenheim anche il conte Panza", spiega Motta, "ha avuto l'intuito e la passione per acquistare opere di artisti emergenti che oggi sono quotatissimi sul mercato mondiale, benché ai tempi dell'acquisto valessero molto poco a livello economico". Ma il valore di questo collezionista risiede anche nell'aver saputo associare arte contemporanea, primaria e quattrocentesca nella propria dimora di Biumo Superiore, nell'aver saputo organizzare dietro sua iniziativa mostre avanguardistiche di spessore, si citi per esempio quella recentissima su Joseph Kosuth. Anche per Panza i tempi non sono sempre stati favorevoli, nella seconda metà degli anni Settanta, infatti, subì una grossa crisi economica, ma senza perdersi d'animo e con grande spirito imprenditoriale comprese che quello e i successivi anni Ottanta fossero il momento giusto pe piazzare molte delle opere da lui collezionate in grandi musei d'arte contemporanea, come il Guggenheim di New York e il Moca di Los Angeles, per citarne alcuni.
Un'iniziativa interessante – Per chi volesse apprezzare l'arte di Simpson, Max Cole, Stuart Arends o Turrel, fra i numerosi presenti a Villa Panza di Biumo, Franco Martino, promotore dei "Venerdì di Daverio", ha organizzato per il 12 gennaio 2008 ore 14:00 una visita alla collezione Panza, accompagnati da Sacchetti e dal suo team, che permetteranno a chiunque volesse partecipare, di comprendere dal vivo gli aspetti museografici della dimora, le opere e lo spirito di questo collezionista. L'iscrizione deve essere fatta contattando la Biblioteca di Daverio via mail o telefonicamente entro e non oltre l'8 gennaio 2008.
Per informazioni contattare la Biblioteca di Daverio ai seguenti recapiti:
tel.: 0332 949004 nei seguenti giorni e orari (mart. e merc. 15-19; giov. e sab. 15-17; giov. 27/12 e 3/01/08 10-12)
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