Fruizione e la lettura del territorio – Nella mattinata di sabato 19 gennaio, al Teatro Condominio Vittorio Gassman, si è tenuto il convegno intitolato "La ricerca archeologica nel territorio varesino". La giornata di studi è stata organizzata dalla Società Gallaratese per gli Studi Patri che con essa ha inteso riprendere l'attività di ricerca archeologica, molto fiorente negli anni '70 ma che la Società aveva abbandonato ormai da molti anni. "Lavorare nella direzione di favorire la fruizione e la lettura della storia del nostro territorio", è, nelle parole di Piermichele Miano, presidente della Società Gallaratese per gli Studi Patri, l'obiettivo con cui i partecipanti si sono incontrati in questa sorta di tavola rotonda.
Maggior massa critica e operatività – Il primo intervento, "Il SiMArch della Provincia di Varese, attività svolta e prospettive di sviluppo", è stato tenuto da Maddalena Pizzo della Provincia di Varese. La Pizzo ha sottolineato il ruolo di questo soggetto nuovo, il sistema museale archeologico della Provincia di Varese, che "esprime localmente un modello di società a rete in grado di riconferire massa critica e maggiore operatività ai soggetti locali. Tra le diverse attività e i momenti costitutivi del progetto, la coordinatrice archeologa di Villa Recalcati evidenzia come: "i musei archeologici che fanno parte del SiMArch si trovano tutti in un momento di trasformazione: Villa Mirabello a Varese ha riaperto dopo molti anni e sta completando l'allestimento, il museo archelogico di Sesto Calende ha ottenuto i permessi per un ampliamento degli spazi espositivi, così come quello di Arsago Seprio, mentre il museo di Angera ha da poco cambiato allestimento".
L'attività della Soprintendenza – Nel secondo intervento Barbara Grassi, ispettore della Soprintendenza Archeologica della Lombardia, ha sviluppato i temi relativi a "L'attività di tutela della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia in Provincia di Varese" e agli "Studi sul Protogolasecca dell'area della Malpensa". Dopo aver ricordato la persona e l'operato di Maria Adelaide Binaghi, ispettore della Soprintendenza scomparsa nel 2003, Barbara Grassi ha concentrato l'attenzione sugli interessanti contesti funerari di Vizzola Ticino, Case Nuove e Somma Lombardo del X secolo a. C.
La domus romana di San Vittore ad Angera – L'archeologo Roberto Mella Pariani si è occupato dei "Nuovi scavi ad Angera: la domus romana di San Vittore". Nell'inverno 2005 infatti lo scavo di una piscina in zona privata vicino all'abside di San Vittore ha permesso il ritrovamento di un deposito stratigrafico databile tra il I secolo a. C. e il Medioevo, consistente in un edificio ligneo di 40 metri quadri, probabilmente non coperto poiché non sono state ritrovate tegole edilizie. L'archeologo nel suo intervento ha descritto i ritrovamenti in quest'area consistenti in ceramiche databili dal 100 al 20 a. C. e a residui di impianto murario in pietra d'Angera.
Le palafitte dell'Isolino – Daria Banchieri, conservatore del Museo Archeologico di Villa Mirabello di Varese, ha esposto le "Novità dall'Isolino Virginia": in particolare l'archeologa ha ripercorso le particolari congiunture climatiche, come la siccità del 2005, abbiano permesso rilievi e campionature di paleosuoli in zone dell'Isolino di solito coperte dall'acqua. Dal 2006 gli scavi dell'Isolino sono stati dati per concessione ministeriale e della Soprintendenza al Museo Archeologico di Varese. Grazie a questi scavi sono state rinvenute due generi di strutture abitative di tipo palafitticolo nella zona meridionale dell'isola.
Volontari e necropoli – L'intervento incentrato sulle "Serie cronologiche dell'area verbanese nella prima Età del Ferro" è stato tenuto da Mauro Squarzanti, conservatore del museo Archeologico di Sesto Calende e socio del Gruppo Storico Archeologico Castellettese, un gruppo di volontari supportato dalla Soprintendenza che ha al suo attivo il controllo di circa l'80% dei cantieri nel territorio. "I reperti ritrovati nel territorio verbanese – ha specificato Mauro Squarzanti – sono soprattutto sepolture, e da una ventina d'anni anche abitati. Le tombe del primo periodo hanno una datazione che dal IX secolo a. C. si estende fino al VII secolo a. C., e sono composte da necropoli isolate, ovvero piccole buche una
vicino all'altra che riempiono estese porzioni di territorio. Le tombe del secondo periodo invece sono del VI secolo a. C. e integrano le tombe del primo periodo non costituendo nuove necropoli, quindi occupano i cimiteri già esistenti. Particolare è il fatto che nessuna tomba del secondo periodo abbia intaccato quelle del primo, ciò significa che le tombe erano riconoscibili attraverso segnali esterni: questo dato è molto curioso perché si parla di migliaia di tombe".
Definire la cultura tramite la scultura dell'alto medioevo – L'ultimo intervento, tenuto dallo storico dell'arte Emanuele Marcora, ha inteso indagare quella che è stata definita dallo stesso relatore: l'archeologia del soprasuolo. Lo storico dell'arte si è infatti occupato degli "Arredi scultorei altomedievali in territorio varesino: alcuni casi esemplari"; tra essi sono stati annoverati i ritrovamenti di decorazioni architettoniche della chiesa di San Donato a Sesto Calende; un frammento di decorazione architettonica del IX sec. proveniente da Angera e donato negli anni '50 al Museo di Villa Mirabello; un frammento di pluteo altomedievale proveniente dalla Chiesa di Sant'Abbondio a Cunardo, e a Travedona nella Chiesa di San Vito il ritrovamento dell'impianto del precedente luogo di culto. Questo intervento, ha voluto sottolineare Emanuele Marcora, evidenzia come "la scultura varesina dell'altomedioevo sia partecipe a definire la cultura di questa provincia, tutt'altro che periferica dal punto di vista artistico".