Le origini della Villa – La Villa che oggi chiamiamo Cagnola non appartenne sempre a tale famiglia: Bernardo Bellotto (Pinacoteca di Brera) dipinse una sua veduta nel 1744, quando era ancora proprietà della famiglia milanese Perabò. Solo dopo il breve possedimento Melzi d'Eril, la Villa venne acquistata da Giuseppe Cagnola, che costruì la fortuna economica della famiglia, e successivamente adeguata negli ambienti e nei terreni dal figlio Carlo e dal nipote Guido, secondo i rispettivi gusti. Appassionati ed esperti conoscitori d'arte, gli ultimi Cagnola seppero raccogliere ottime opere, ora riordinate secondo un percorso di visita in cui sono fuse le rispettive attività collezionistiche, che riflettono quadri culturali e interessi completamente differenti.
L'arte delle magnifiche sorti progessive – Carlo, esponente dell'alta finanza milanese, era «raccoglitore appassionato che acquistò parecchi buoni quadri, pregevoli tappezzerie, bei mobili e formò una copiosa e scelta raccolta di ceramiche» ovvero quei prodotti del cosiddetto 'artigianato artistico', in cui i valori estetici dell'arte erano conciliati con i progressi tecnologici dell'industria. Alla sua attività collezionistica è da ricondurre il nucleo delle tappezzerie, così ampio e vario che non ha paralleli nell'ambito del collezionismo lombardo di secondo Ottocento e
che comprende esemplari di manifattura fiamminga e francese. Altra sua passione profonda furono le ceramiche, «oggetto delle sue costanti ricerche»: le porcellane – presenti in più di 1.000 unità – costituiscono un nucleo omogeneo e di altissimo livello di qualità in tutti i pezzi, a conferma dell'esperienza e dell'ottima capacità di valutazione di Carlo. Il loro insieme costituisce un campionario completo della produzione italiana ed europea, dalle piccole fabbriche alle più prestigiose manifatture: tedesche – quella di Meissen è certamente la più conosciuta e rinomata -, svizzere, austriache francesi, olandesi, ispano-moresche e anche inglesi. Straordinari sono i pezzi italiani: quelli prodotti da Ginori a Doccia, quelli campani provenienti da Capodimonte e dalla Real Fabbrica di Napoli, e quelli veneti. Non mancano anche pezzi di produzione orientale, secondo un gusto collezionistico più nordeuropeo. A Carlo, infine, si deve l'acquisizione di diversi dipinti: se egli prediligeva quelli settecenteschi di area veneta, al consiglio dell'amico Giovanni Morelli, si devono, invece, opere di più raro gusto, come quelle ‘400esche dell'Italia settentrionale e in particolare la Madonna Cagnola, i cui problemi di attribuzione sono ancora aperti.
E lo spirituale nell''arte – E proprio al gusto di questi dipinti si ricollega all'azione e l'interesse del figlio, Guido Cagnola. Appassionato di filosofia e religioni orientali, tra i suoi interessi culturali ebbero preminenza quelli di carattere storico artistico, coltivati anche grazie alla profonda amicizia con Bernard Berenson, Fernanda Wittgens e altre personalità che collaboravano anche alla rivista "Rassegna d'arte" da lui fondata. Cagnola, un liberale attento ai problemi sociali, sottolineava il carattere spirituale e sociale dell'arte: credeva che fosse un mezzo per stabilire legami nella società, per elevarsi spiritualmente, poiché l'arte è incarnazione della Bellezza trascendente e ideale, costituita da forme pure e perfette. Sul piano stilistico egli ritrovava questi valori nelle opere venete e toscane del ‘300 e ‘400, con una particolare predilezione per le Madonne con Bambino, e quelle di fine ‘400-inizio ‘500 di ambito lombardo ed emiliano: opere che ricercava personalmente durante suoi numerosi viaggi, specialmente nel centro Italia.
Nel 1946 la Villa venne donata alla Santa Sede che offriva anche tutte le garanzie di conservazione e di inalienabilità delle opere e ora la raccolta d'arte è offerta a noi, perché abbiamo la possibilità di vederle dal vero, da vicino e, proprio come Guido raccomandava, di avere l'occasione di provare quelle emozioni, profonde e personali, che solo l'esperienza dell'arte può dare.