Il 25 marzo – In molti paesi italiani nel Medioevo l'inizio dell'anno coincideva con il 25 marzo, giorno dell'Immacolata Concezione, prova dell'importanza di questo evento religioso anche nella vita civile. Il 30 marzo 2008, il giorno prima che cadesse il festeggiamento dell'incarnazione di Cristo, posticipato al 31 in quanto il 25 cadeva in periodo di Quaresima, Alberto Rovi, docente di arte medioevale, ha presentato il tema dell'Annunciazione inaugurando la stagione delle visite guidate in villa Cagnola, tanto ricca di opere d'arte dedicate a questo tema, da determinare il contenuto della relazione.
L'Annunciazione di Nicolò Corso – Nella collezione della villa compare come opera esemplare e fra le più tradizionali dal punto di vista iconografico l'Annunciazione dipinta da Nicolò Corso, modello e metro di confronto per la serie di opere analoghe proposte dal professore nel corso della conferenza. Essa presenta elementi che ricorrono in quasi tutte le annunciazioni, le quali, tuttavia, esibiscono talvolta dettagli che discostano l'immagine dalla iconografia tradizionale, modellata sui versetti dell'Evangelista Luca. Essi riferiscono della presenza dell'arcangelo Gabriele, della Vergine in umile posizione, della colomba simbolo dello Spirito Santo, del giglio a tre fiori e del libro aperto sulle parole del profeta Isaia. Simili all'Annunciazione di Nicolò nella postura delle figure, nella collocazione del tema entro tondi a coronamento di grandi polittici tutti smembrati e collocati in diversi musei sono per esempio le Annunciazioni di Marco Palmezzano, di Ercole de' Roberti e di un anonimo pittore lombardo, parte integrante della ricchissima collezione.
Varianti iconografiche – L'iconografia dell'annuncio presenta una ricca serie di varianti comprensibili se le immagini vengono relazionate ad altre fonti, oltre al Vangelo di San Luca, vale a dire ai Vangeli Apocrifi o alle litanie mariane, e se vengono contestualizzate in mentalità, ambienti sociali, economici, religiosi che hanno influito profondamente sia sui committenti sia sugli artisti chiamati a rappresentare il tema dell'Annunciazione. Così nella raffigurazione carolingia dell'Annuncio descritta sulle pareti della Chiesa di Santa Maria foris portas a Castelseprio la presenza di un'ancella in atto di assistere all'evento dichiara precisamente l'uso di fonti testuali apocrife da parte di committenti ed artisti che distanziano il tema dalla sua canonica rappresentazione. "Lo stesso", ha precisato Rovi "può dirsi dello splendido sfondo oro dell'Annunciazione di Simone Martini e di Lippo Memmi, che i due pittori utilizzarono per visualizzare un concetto fortemente espresso, non in Luca, quanto nei Vangeli apocrifi, quello della luce". La ricchezza di oggetti che correda la rappresentazione di Filippo Lippi si giustifica, invece, attraverso la lettura delle litanie mariane da parte dell'autore, mentre dalla quattrocentesca Annunciazione di Beato Angelico traspaiono l'insegnamento masaccesco della raffigurazione realistica delle ombre proiettate sul muro e l'uso di colori tenui che rispecchiano il gusto parco della committenza: i conventuali di San Marco a Firenze. Ma il mutamento della mentalità e dell'atteggiamento dell'uomo verso la religione si fa ancor più evidente nell'Annunciazione di Leonardo da Vinci, in cui l'assenza della colomba, simbolo dello Spirito Santo che permette l'incarnazione, evidenzia il concetto della conoscenza che passa attraverso l'esperienza, concetto ancor più rimarcato nella rappresentazione presente nella Chiesa dei SS. Cosma e Damiano a Como, in cui la colomba è addirittura sostituita da un bimbo. Ci pensano il tempo e le nuove condizioni socio-economiche, ambientali a mutare quella
he è la più consueta raffigurazione mariana, è il caso dell'Annunciazione di Lorenzo Lotto che stravolse lo schema tradizionale arricchendolo di tante citazioni profane le quali rendono la sua tela assolutamente rivoluzionaria. Equivoca, invece, agli occhi del professor Rovi appare l'ottocentesca Annunciazione di Dante Gabriel Rossetti in cui una Vergine in veste da notte, seduta sul letto, ed un muscoloso arcangelo Gabriele sono lontani dall'aurea virginale che caratterizza il tradizionale Annuncio a Maria, a riprova di quanto il linguaggio artistico si sia sganciato dal rispetto della tradizione testuale e di quanto la civiltà occidentale si sia progressivamente allontanata dalla canonicità cristiana.
L'angelo dell'Annunciazione – A dimostrazione del fatto che l'iconografia, a prescindere da quella dell'Annunciazione, muta nel tempo, Alberto Rovi ha considerato la figura dell'angelo. Sin dai primi secoli dell'era cristiana gli artisti incontrarono grandi difficoltà nella visualizzazione di questa figura che la Bibbia nomina senza mai descrivere. Che la sua rappresentazione sia cambiata dalle origini ad oggi lo dimostrano le opere d'arte che Rovi ha passato in rassegna: "il sarcofago cristiano di Giunio Basso del IV secolo d.C. vede raffigurati degli angeli senz'ali, mentre, un secolo dopo, gli angeli dei mosaici di Santa Maria Maggiore a Roma furono rappresentati alati. Perché questo cambiamento? Il motivo si deve ricercare nell'uso paleo-cristiano di conservare le note effigi del caduto impero romano, nel caso dell'angelo, la figura del messaggero e quella della vittoria alata, e di svuotarle del senso originario per attribuirgliene uno di nuovo, appunto cristiano. In una catacomba di Via Latina a Roma appare significativa a riguardo la raffigurazione di Cristo tra due vittorie alate, emulanti quelle del romano Arco di Tito: essa ha tutto il gusto di uno slittamento di significato, la trasformazione, cioè, delle vittorie alate in angeli avviene grazie alla presenza di Gesù nel mezzo".