Lo scultore solitario – Tra i tanti capolavori esposti alla mostra "Estetica" a Villa Ponti ad Arona si nota un'opera di un'artista di Busto Arsizio, Luigi Randi. Si tratta di una piccola scultura in bronzo raffigurante un uomo, fatto solo di un involucro esterno e cavo internamente. Un'opera dal forte impatto emotivo, che ci incuriosisce e ci spinge ad approfondire l'attività di questo artista solitario. Così per l'occasione Randi ci ha aperto le porte della sua casa-studio e con lui abbiamo ripercorso la sua attività artistica, assai proficua, ma poco conosciuta al pubblico.
Sguardo sull'uomo – Scultore per passione, nasce a Busto Arsizio nel 1929 dove ancora risiede. Impara da autodidatta a scolpire le sue opere in bronzo, sotto lo stimolo di alcuni amici artisti. Solo un paio le esposizioni a cui ha partecipato, Luigi Randi quasi si ritrae nel voler definire la sua 'arte'. Non ama congetturare troppo sul perché gli sia nata questa passione o a quale stile o movimento artistico possa aderire maggiormente. Non gli piacciono le etichette. Certo è che la sua arte è densa di significato e lo si capisce subito osservando i tantissimi pezzi che occupano il suo appartamento. Le figure che crea e che abitano questo spazio riflettono la sua personale visione del mondo, nascono da un'esigenza interna di restituire, attraverso il segno, l'immagine dell'uomo, nelle sue molteplici sfaccettature d'animo.
Tutti in scena – Accatastati sulle mensole del suo studio troviamo un insolito campionario di 'tipi' umani. Si parte con la serie dei Re, che costituiscono l'incipit di questa Storia. "Quando ho iniziato a scolpire, negli anni'50 – ci spiega – mi sono concentrato sulla figura del Re, che rappresentava il simbolo del Potere per eccellenza". Il suo lavoro si definisce sin dall'inizio per un chiaro intento polemico, per una critica a una particolare tipologia di uomini, o meglio, ad un atteggiamento di vanagloria che l'artista ama mettere in ridicolo. E lo fa immortalando i suoi re negli atteggiamenti più buffi, canzonatori: mentre giocano a carte, suonano, contemplano la loro corona o puntano il loro dito del comando proprio dritto a noi. Randi si fa beffa di tutti coloro che ostentano il loro ruolo sociale e si diverte a sminuirli mostrandone gli aspetti infimi della loro indole. Un'operazione che assume così la faccia di un ammonimento morale, ma che si articola nel tempo in una narrazione complessa che vede coinvolta l'umanità intera. Poi, infatti, accanto ai re sono apparsi i corrispettivi personaggi di questa dialettica di potere e sottomissione: i servitori, nei quali l'artista e il pubblico in generale avrebbe potuto identificarsi. "Mi sono ritrovato inaspettatamente immerso in questa sceneggiata in cui però, come accade nella vita reale, non sempre i ruoli sono netti e definiti. A volte io stesso mi sentivo un po' un re che dalla sua torre scrutava il mondo dall'alto". E osservando l'infinita varietà di comportamenti umani hanno fatto la loro comparsa sul palcoscenico di questa storia pagliacci, arlecchini, guardie e guerrieri, ognuno ritratto in atteggiamenti differenti.
I vuoti e i pieni – Da questo momento la ricerca di Randi si rivolge maggiormente allo scandaglio della psicologia umana, individuando nuove figure problematiche. Randi riporta l'attenzione sull'uomo, sul suo destino quotidiano, per cui troviamo personaggi colti nello sforzo di sopravvivere, quasi nell'attesa che la vita li attraversi senza coinvolgerli troppo. "Il mio interesse è sempre stato rivolto ai soggetti, e raramente allo stile in cui li realizzavo". Ai personaggi tipici della commedia umana si sostituiscono individui comuni, che si caratterizzano proprio per la mancanza d una personalità definita. La perdita di identità viene rappresentata letteralmente nelle sue figure, scavate al loro interno. E' il periodo dei
"vuoti" in cui della figura umana non rimane che l'involucro esterno: l'abito e il volto dall'espressione disorientata o stupita. Un'immagine a dir poco efficace dell'uomo moderno, ricca di connotazioni esistenziali ed espressionistiche. E il passo successivo non tarda a venire, contrapponendo ai vuoti dell'animo i "pieni", ovvero blocchi di bronzo, da cui fuoriescono a fatica profili umani: il peso di un malessere che schiaccia e reprime ogni slancio vitale.
Protagonisti di un unico destino – La riflessione condotta dall'artista sull'uomo moderno giunge ad esiti di profonda inquietudine, che però non vanno letti in chiave nichilistica. Da parte dello scultore non c'è una lettura univoca dell'esistente, ma piuttosto una pacata accettazione della varietà infinita di approcci alla vita, nessuno dei quali condannabile. E noi stessi ci troviamo calati in questa Storia, dove i ruoli sono sfumati e di volta in volta ci troviamo a decidere quale panni vestire o addirittura quale maschera indossare. Come Balzac con i suoi personaggi letterari, così Luigi Randi con le sue sculture, ha dato vita a una "Commedia Umana", in cui tutti i personaggi creati finora partecipano come parti autonome ma complementari a definire un unico quadro, vera e propria «fisiologia generale del destino umano».