Il tempo che passa – Sembrava la storia infinita, ma se le cose proseguono in questo modo, il futuro del Castello di Belforte andrà in meno di quello che si pensa, ad esaurirsi. Nei giorni scorsi l'ennesimo crollo di una parte dell'edificio; una scena che si ripete con allarmante cadenza di anno in anno. Ripercorrendo a ritroso le vicende del Castello, rileggendo tutto ciò che di questo è stato detto e le fotografie degli ultimi anni, la situazione è la medesima, se non peggiore. E da più di 10 anni che le associazioni ambientaliste, Italia Nostra e Amici della Terra, supportati da figure politiche cittadini trasversali agli schieramenti lanciano preoccupati allarmi sulla salute dell'edificio malato. Interventi ce ne sono stati, di consolidamento, di rifacimento del tetto, a partire almeno dal 2003. Ma nonostante l'impegno, il castello continua a subire le ingiurie e a patire le proprie debolezze strutturali, al di là delle recenti scoperte, preziose tracce di affresco quattrocenteschi, emersi nell'ala seicentesca. A supportare la causa 'Castello di Belforte', è da tempo in prima persona Franco Prevosti, presidente della Commissione Cultura, e Arturo Bortoluzzi, che puntualmente in questi ultimi giorni ha rivolto l'ennesimo appello alle autorità cittadine: salviamo la dignità storica del Castello, chiedendosi se davvero il Comune di Varese voglia metterlo definitivamente a posto. Domanda che sorge spontanea, considerando le promesse nel tempo e gli interventi lasciati incompiuti.
Bisogno imminente – "Bisogna trovare con urgenza i soldi necessari, 100mila euro, per mettere in sicurezza tutto l'edificio, per mettere il tetto anche nella parte medievale", si accalora Franco Prevosti. "Una volta che l'intero complesso è protetto, si potranno iniziare gli studi che già sono stati preventivati. Era in programma per i primi giorni di gennaio il sopralluogo per svolgere le analisi e gli assaggi sull'affresco venuto alla luce; purtroppo il tempo è stato avverso e non si è potuto fare ancora nulla", continua il consigliere forzista, "non si è rovinato nulla, ma parte del ponteggio che custodiva la parte medievale si è staccato e il forte vento e le abbondanti piogge degli ultimi periodi non hanno certo migliorato la situazione". Anche Andrea Campane, braccio destro del primo cittadino nella gestione delle attività culturali e museali, in merito condivide l'urgenza di intervenire, ma "ad oggi – ribadisce – le scelte non sono strettamente tecniche, ma politiche. In ogni caso bisogna pensare prima a risolvere la questione urbanistica poi quella culturale". In primis, l'amministrazione comunale si dovrebbe adoperare con ogni forza ad ottenere la totalità della struttura; la difficile gestione della stessa è dovuta anche alla presenza di privati, fermi sulla loro volontà di non vendere al comune la propria parte, di fatto un ostacolo per ogni intervento possibile. "L'amministrazione comunale può chiedere risarcimento ai proprietari, far valere le norme regolamentari che impediscono ai privati di conservare in ambito comunale degli immobili in stato di disordine, perchè non lo fa?", insiste Bortoluzzi.
Quale destinazione? – Un Museo risorgimentale di rilevanza almeno regionale è la ragionevole proposta di Bortoluzzi. Una idea, condivisa a sinistra e a destra. Da Fabrizio Mirabelli, esponente pidiessino, belfortese doc che si impegna a presentare in consiglio comunale una proposta perché l'amministrazione si occupi di ottenere finanziamenti europei, statali e regionali utili per la necessità. Dallo stesso Prevosti, cui pure il patrimonio risorgimentale locale e dimenticato nei cassetti di Villa Mirabello sta molto a cuore. "Troverebbe sistemazione la splendida tela di Eleuterio Pagliano, lo Sbarco di Garibaldi a Sesto Calende, arricchita di una grande cornice dorata. Accanto a questa i numerosi cimeli risorgimentali a ricordo anche della battaglia di Biumo tra le truppe garibaldine e gli Austriaci del 26 maggio 1859".
"Sarebbe un'occasione questa – continua Prevosti – per instaurare una collaborazione con le associazioni sul territorio nazionale dedicate al personaggio storico e politico. Non bisogna tralasciare il fatto che la dimora storica potrebbe tornare ad essere punto di riferimento non solamente per il quartiere di Belforte; può permettere la creazione di un centro di studio, aggregazione, luogo di incontri e conferenze". E' ancora Bortoluzzi infine a ricordare che a Varese esiste una Società Storica che qui troverebbe degna sede, ma anche che il territorio varesino si sta accreditanto sempre più presso gli uffici Unesco; "Perchè non sistemare, allora, proprio a Belforte un centro studi del territorio?". E se nell'anno Mille, di Varese non si aveva traccia, ma si conoscevano 'quelli di Belforte', oggi quel punto di forza sembra essere perlopiù dimenticato.