Inaugura sabato 7 marzo la mostra "spazi marginali" di Giancarlo Ossola all'interno del progetto Citta Visibile ideato dalla Fondazione Bandera. L'esposizione si sviluppa intorno a tre nuclei tematici: la città, le fabbriche e gli oggetti. Lo sguardo dell'osservatore compie un viaggio sempre più ravvicinato dal grande insieme indefinibile della città all'oggetto in primo piano per scoprire in essi trame di memoria che raccontano l'uomo moderno.
Com'è strutturata la mostra "spazi marginali" alla Fondazione Bandera?
"E' una mostra antologica che raccoglie opere dagli anni '60 al 2006. E' un'occasione per veder riuniti i soggetti che ho studiato negli anni attraverso un pittoricismo che tiene conto dell'esperienza informale che inevitabilmente ha influenzato gli artisti della mia generazione".
Quanto conta la componente informale nella sua pittura?
"Il mio informale si è col tempo contaminato con la pittura figurativa. In questo modo sono riuscito a rinnovare la pittura con maggiore libertà del pennello. Non c'è stata un'evoluzione da uno stile ad un altro, ma una costante altalena che dura tuttora tra figurativo e divertissement".
Quali sono i soggetti che pratica maggiormente?
"La mia predilezione va agli ambienti dismessi, ai reperti di archeologia industriale che tento di riscattare dall'abbandono. In uno scritto del 1987 avevo definito un po' provocatoriamente le mie opere un 'elogio del rifiuto'. Questo dimostra la continuità della mia ricerca personale che concepisce il mondo come un 'enorme relitto'. Ci costruiamo bozzoli dove vivere: città, fabbriche, eccetera, che, dopo il nostro abbandono, sopravvivono come traccia del nostro passaggio".
C'è un po' di malinconia nell'osservare questi 'rimasugli di vita'?
"No. Le fabbriche in disuso mi affascinano molto proprio per il loro carattere di ruderi. Mi è capitato proprio oggi di vedere una pianta spuntare tra le mura superstiti di una fabbrica e mi è sembrato molto bello. Dovrò fargli subito una foto".
Ricorre spesso alla fotografia per realizzare le sue opere?
"Sempre direi. Con tutte le immagini che ho potrei fare una mostra fotografica. Di solito alle fabbriche e ai loro interni faccio molte fotografie in modo da poterle studiare con calma. Il quadro nasce da considerazioni fatte non a freddo, ma col tempo necessario".
In questo modo stabilisce un legame d'affetto con i suoi soggetti. Le è mai capitato di vederli in secondo momento demoliti?
"Sì ma credo che ciò faccia parte di un processo vitale che appartiene a tutte le cose. Gli oggetti si caricano di tempo e si fanno portatori di un senso riposto. Quando queste strutture vengono abbattute e ne rimane solo in parte l'ossatura, lo scheletro, la luce diventa protagonista e crea spazi suggestivi. In quel momento la linea di demarcazione tra architettura e paesaggio diventa impercettibile e dà vita a visioni poetiche".
Cosa ne pensa della nuova destinazione artistica che gli street artists propongono per le periferie industriali?
"Credo sia accettabile. A Milano ne vedo parecchi di questi murales. Alcuni sono apprezzabili, altri meno. A me personalmente piacciono le tonalità di grigio con cui sono realizzate perché il grigio è un colore che amo e che uso molto nelle mie opere, soprattutto nei toni del madreperla".
Cos'è la città per Giancarlo Ossola?
"Una stratificazione di tempo".
Le sue opere contengono una sorta di monito all'uomo moderno a non dimenticare il suo passato?
"Non necessariamente. Come ho detto prima il passare del tempo non può essere controllato dall'uomo, non possiamo fare nulla per trattenere le nostre storie però gli oggetti di cui ci circondiamo raccontano di noi ed è questo che mi affascina. Cerco di trasporre sulla tela queste medesime sensazioni avvalendomi della luce, una luce fredda e azzurra, una luce 'da cavedio' come è stata definita".
Un'ultima domanda: all'apice della sua carriera, con una serie di mostre a lei recentemente dedicate, qual è il suo pensiero sulla pittura?
"Chiunque può al giorno d'oggi avvicinarsi alla pittura. Tutti iniziamo studiando la natura, però poi occorre trovare la propria strada, riconoscere la propria personalità, fare un cammino. L'arte richiede un impegno interiore non indifferente che pochi dimostrano. La pittura a mio parere è una pianta rara da saper coltivare".
"Giancarlo Ossola – Spazi marginali"
8 marzo – 3 maggio 2009
Fondazione Bandera per l'Arte, via A. Costa 29, Busto Arsizio (VA)
Inaugurazione: sabato 7 marzo 2009 ore 18.00
Orari: martedì-giovedì 15.00-19.00; venerdì-domenica 10.00-12.30/15.00-19.00
Ingresso: intero € 5, ridotto € 3,00