La fucina di Vulcano – Il laboratorio di Claudia si trova in una ex fabbrica di piastrelle. Il pavimento d'ingresso a motivo floreale è lì a ricordarlo. Forse non è poi così casuale che Claudia si sia sentita subito a suo agio in un contesto per così dire di natura creativa/produttiva, che in fondo il suo laboratorio tuttora mantiene. Seconda riflessione: una scultrice ha bisogno di grandi spazi e guardando le sue opere, disposte in maniera ordinata nella stanza, capiamo il perché. Come già intuito guardando le foto dei suoi lavori, ora che questi si palesano davanti a noi risulta evidente che ci troviamo di fronte ad una ricerca artistica di elevato spessore intellettuale. Ma ciò che più ancora salta all'occhio è la concretezza e al contempo la semplicità della materia con cui Claudia sceglie di entrare in contatto: pietra di Vicenza, ferro, carta. Niente di più, niente di meno. I suoi lavori rappresentano il tentativo di tradurre in scultura le forme architettoniche che l'artista studia e contempla: slanci verticali come di grattacieli, collegamenti come di ponti, forme cave come di cupole.
Forme, simboli, enigmi – La vocazione architettonica della sua ricerca artistica è un richiamo costante che si manifesta anche nelle opere che si ispirano alla natura e ai suoi elementi. Claudia ci mostra una riproduzione di una pigna in creta cruda, tecnica che ama particolarmente, e non ci stupisce scoprire che l'interno simula una struttura geometrica ardita ispirata alle volte di Guarino Guarini. Tutta la produzione di Claudia è infatti dominata dal fascino che queste forme suscitano in lei e dal tentativo di scoprire il senso che esse racchiudono, il loro significato, la loro simbologia e il rapporto che queste hanno esercitato sull'uomo in millenni di storia, fino ad oggi. Una riflessione che si interroga sul perché delle forme, dalle antiche tombe di epoca preistorica alle intuizioni moderne di un architetto come Tadao Ando. Un approccio il suo all'iconografia dell'architettura che traduce il risultato delle sue osservazioni in sculture e anche incisioni. "Sono affascinata dalle antiche tecniche di lavorazione dei materiali che conservano ancora un sapore alchemico, come la morsura del metallo, per esempio. Per questo motivo mi sono avvicinata anche al torchio e ho sperimentato tutte le molteplici tecniche di incisione, con cui ho realizzato anche dei libri d'artista" commenta.
Nuovi mezzi, antiche domande – Claudia Canavesi nasce a Busto Arsizio nel 1976, di diploma a Brera nel 2000 sotto la guida del docente Paolo Gallerani, vive per un periodo a Milano ed ora è tornata da qualche tempo in provincia e risiede a Carnago. Pur così giovane, ha alle spalle un percorso espositivo e di ricerca notevole. Tra le sue mostre più recenti, spesso in coppia con l'artista Nadia Galbiati, sono da segnalare: 2007, Milano, Nowhere Gallery, Maccagno, Berlino, Valencia, 2008 Torinoe di nuovo Maccagno, Civico Museo Parisi-Valle. A seguito di una sua esperienza in Giappone sta ora realizzando nuovi lavori di impronta grafica: trittici realizzati a penna direttamente su tavola. Una nuova sperimentazione di mezzi e strumenti che però non tradisce la direzione del suo ricercare: Claudia ancora alza gli occhi sugli archetipi che da sempre costituiscono il discorso architettonico urbano e che in primis sono presenti nelle strutture naturali: dalla città rinascimentale di Francesco di Giorgio Martini, alla goccia che si espande nell'acqua attraverso un preciso ritmo, Claudia Canavesi si interroga sulle regole geometriche e matematiche di questi rapporti, verifica il perenne manifestarsi della sezione aurea, raccoglie e tramanda attraverso le sue opere tali emblemi architettonici e strutturali che costituiscono l'essenza della nostra civiltà.