La strada dell’abbandono – Via Matteotti, da sempre una spina nel fianco per i cittadini bustocchi. La via, che da Piazza Manzoni conduce in Piazza Santa Maria, era una volta la più prestigiosa della città. Quella che una volta si chiamava “via Principessa Elena” è ormai da decenni vittima del degrado: le storiche abitazioni cadono a pezzi, e insieme a loro le illustri botteghe di una volta. Bisogna ricordare che l’area di san Michele costituisce il più antico nucleo storico della città e come tale ne porta i segni. Ma lo stato di abbandono in cui versa la storica via è giunto a livelli inaccettabili. Tra case già purtroppo demolite, parcheggi improvvisati e nuovi cantieri, sorge, nelle immediate vicinanze della bellissima cappella di San Carlo, l’oggetto dell’ultima disputa: il cosiddetto “conventino”, uno splendido edificio ad archi da tempo disabitato, che rischia di crollare su se stesso.
La protesta – A denunciare lo scempio è l’avvocato Picco Bellazzi che ha indetto una raccolta di firme per la salvaguardia dell’edificio, uno dei più antichi di Busto, “che rischia di morire di disinteresse”. Dall’altra parte l’Amministrazione rassicura e l’Assessore all’Urbanistica Giampiero Reguzzoni afferma: “Il recupero dello stabile rientra nei piani integrati di intervento che riguardano il quartiere di san Michele”. In risposta alle sollecitazioni ricevute, sembra che l’incarico alla messa in sicurezza dell’edificio sia già stato affidato ai tecnici comunali. Il problema principale, infatti, sembrano essere le infiltrazioni d’acqua nel tetto che rendono necessario un intervento immediato, visto che già parte del tetto è crollato. Insomma, i cittadini non vogliono assister impotenti all’ennesima perdita di un gioiello architettonico che costituisce forse uno dei tasselli più antichi della storia della loro città.
Il convento che non è un convento – Ma siamo così sicuri che tutti conoscano questo splendido edificio? Ci sorge qualche dubbio visto che in merito alla questione si è sempre parlato di “conventino”, ma senza specificare qualche dettaglio in più sulla storia dell’edificio. Ebbene, forse è il caso di fare chiarezza. Per fare luce sul caso ci siamo rivolti ad uno dei maggiori esperti di storia locale, l’architetto Augusto Spada. Scopriamo così che il cosiddetto “conventino” non è un convento, né un monastero o qualsivoglia edificio di tipo religioso. L’inganno nasce dall’attestata presenza nel quartiere del Monastero di S. Maria Maddalena, risalente al XII secolo, all’epoca situato nell’attuale Piazza Santa Maria. Pare che suddetto monastero avesse una proprietà nelle immediate vicinanze del nostro edificio e la sua struttura con porticati ad arco su due piani avrebbe tratto in inganno. In realtà lo stabile di via Matteotti è una casa borghese cinquecentesca, poi ricostruita in alcune sue parti nel Settecento. Della prima fase costruttiva sopravvivono i capitelli cinquecenteschi nel cortile interno e la bellissima cantina con volta in mattoni, adibita a vinificazione. Secondo il catasto settecentesco i proprietari della residenza sarebbero le famiglie Canavesi e Bossi, già proprietari in via Lualdi di un’altra bellissima villa. Insomma, “non basta un porticato per fare di ogni edificio un chiostro” conclude l’architetto Spada. Ma sicuramente dovrebbe bastare la voce dei tanti cittadini levata in difesa dello scempio a cui stanno assistendo per portare nuova attenzione su un gioiello architettonico che rischiamo di perdere per sempre.