Moro e Beatrice d'Este, partic.
Ci sono opere d'arte che parlano da sole. È il caso di alcuni capolavori del Museo Baroffio e del Santuario: opere donate a S. Maria del Monte da illustri personalità che vollero affermare la propria importanza unendo, all'ostentazione di stemmi e imprese, la straordinaria preziosità dei manufatti offerti. È un'esibizione di ricchezza che non sfugge anche all'occhio più distratto e che lo studio aiuta a percepire in ogni sorprendente sfaccettatura.
Questione d'araldica – Così è per il Paliotto con gli stemmi di Ludovico il Moro e Beatrice d'Este, recentemente esposto a Milano presso il Museo Poldi Pezzoli per la mostra Seta Oro Cremisi. Segreti e tecnologia alla corte dei Visconti e degli Sforza. Si può leggere il catalogo ed entusiasmarsi per gli esiti della ricerca che hanno sottolineato l'unicità del tessuto, tra i più complessi e raffinati realizzati; la grande perizia tecnica con cui fu fabbricato; lo sfarzo del velluto a tre colori, il massimo che si sia mai saputo tessere; l'uso del prezioso rosso cremisi per l'ordito di fondo e – caso più unico che raro – per la legatura.
Guardare con consapevolezza questo tipo di manufatti
Predis – S. Giovanni evangelista
esalta il godimento estetico, ma chi ha scarsa dimestichezza con l'argomento non deve temere: può stupirsi di fronte al rilievo del ricamo della fascia superiore, con l'alternanza della scopetta e del caduceo tra draghi, imprese predilette da Ludovico, oppure può rimanere affascinato dal luccichio dell'oro che fa da sfondo agli stemmi Sforza ed Este, ripetuti entro girali vegetali sormontati dalla corona ducale e realizzati in raffinato bouclé di filato dorato. Il velluto rosso che li contorna è lo stesso che "scrive" i nomi abbreviati dei duchi di Milano, la parola "iugales" (sposi) e il titolo "dux Mediolani" (duca di Milano), utile aiuto per fissare la datazione del tessuto oltre l'investitura imperiale del 1494.
Altra traccia insigne della devozione che legò al luogo illustri personaggi è l'antifonario ambrosiano miniato nel 1476 dal milanese Cristoforo de Predis. A commissionarlo fu Fabrizio Marliani, allora nominato vescovo di Piacenza. Nobile milanese, diplomatico e confessore del duca di Milano, bibliofilo e mecenate, il Marliani fu presenza familiare a S. Maria del Monte, dove consacrò la Torre degli Ariani e la chiesa interna del Monastero delle Romite, cui diede anche manoscritti e libri. Donando al santuario l'antifonario oggi in museo, egli volle che dal coro si innalzassero come lode a Dio non solo la preghiera e il canto, ma anche l'offerta di tanta bellezza. Non tralasciò qualche aiuto per ricordarlo: alcune righe in fondo al codice, ma soprattutto miniature con lo stemma Marliani e le sue imprese personali che compaiono sul frontespizio, la pagina più sontuosamente decorata, e più volte all'interno, tra splendidi capilettera con scene evangeliche, santi o fiori dalle più diverse forme intrecciati con fragole succose.
Gian Giacomo Trivulzio
Un capitello per il condottiero – Più austero, pur nella sua indubbia qualità, è il capitello in pietra di Saltrio, trovato durante lo scavo per la costruzione del museo: gli scudi araldici scolpiti celebrano il condottiero Gian Giacomo Trivulzio che nel 1518, dopo la morte della Beata Giuliana, sua consigliera spirituale, fece costruire il nuovo portico della chiesa. Potrebbe continuare l'elenco dei benefattori la cui generosità ha lasciato nobili tracce in museo, ma per il momento ci fermiamo perché ben altro spazio andrà riservato a quel Giuseppe Baroffio Dall'Aglio dal quale il museo ha preso il nome.