Flaminio Gualdoni (Storico e critico d'Arte)
"Ricordo negli anni '80 una vicenda d'intensa collaborazione. Lavoravo allora alle Civiche Raccolte milanesi ed elaborammo uno dei numerosi, purtroppo frustrati, progetti di destinazione della sua collezione di arte ambientale: quella volta era Villa Scheibler. Dopo mesi di manfrine finì che ci dissero che si preferiva farne un museo della moda: il quale a sua volta, naturalmente, non è mai nato".
Matteo Inzaghi (Direttore RETE55)
"In un Paese che si aggrappa alla giovinezza anagrafica come se fosse un valore in sé, parlare di Giuseppe Panza significa scrollarsi di dosso la polvere del luogo comune. Panza è sempre stato giovane. Lo era nella mente, nello spirito, nella capacità di vivere il presente con lo sguardo perennemente rivolto verso il futuro. In tanti, molto più giovani di lui, non riuscirono mai a recepirne la modernità, incapaci di scorgere, in quegli occhi vivaci, la fanciullezza dell'azzardo, la freschezza della sfida, l'intenso bagliore della lungimiranza. Fino all'ultimo, Panza è rimasto un ragazzo capace di sognare. Quando, per l'ultima volta, ha chiuso gli occhi, non ha visto il buio. Ha visto l'aurora".
Marco Fazio (Insegnante di storia dell'arte)
"Quando si entra nella stanza, il rosso delle luci è forte, intenso, colpisce l'occhio, ma al contempo dà un senso di oppressione quasi fisica, si sente che qualcosa disturba. Poi, piano piano, ci si accorge che c'è qualcosa dietro. Qualcuno se ne accorge prima, qualcuno dopo, ma prima o poi questa percezione emerge. Persa, quasi nascosta tra i tubi rossi, una piccola luce gialla, rivolta verso il muro. Non te ne puoi accorgere subito. Si deve stare nella stanza, si deve accettare anche quel fastidio che dà il rosso, e col tempo la sensazione diventa sempre più accettabile, il rosso si fonde col giallo, e diventa un arancio che dà serenità. E' strepitosa quest'opera, che Flavin dedica al fratello morto in Vietnam, e quindi si lega al dolore, alla morte che talvolta noi dimentichiamo, e quando arriva ci colpisce a sorpresa. Come molte altre installazioni di Flavin in villa, questa è un'opera di un'intensa poetica, quasi mistica. E non è un caso che sia stato proprio Panza, uomo di grande sensibilità e spiritualità, a saperle valorizzare al massimo".
Bambi Lazzati (Premio Chiara e Amici Musei Varese)
"Il Conte Giuseppe Panza è stato un personaggio solo all'apparenza scostante, che ha dedicato l'intera vita al mondo dell'arte, condividendo la sua passione con una grandissima donna, la moglie Pupa. Questa è stata per lui motore, la sua vitalità, l'apertura a livello di conoscenza, il suo sole. Provo un dispiacere sincero nella perdita di una grande persona che riviviamo nella sua villa e nella collezione".
Marco Magnifico (F.A.I., Fondo Ambiente Italiano)
"Il Conte Giuseppe Panza è sempre stato legato da un rapporto di amicizia con gli artisti che ha conosciuto personalmente e con la città di Varese. La sua più grande lezione è di rigore e di una continua ricerca d'eccellenza. Anche negli ultimi momenti di vita mi ha confidato il suo richiamo e la raccomandazione che più aveva a cuore: la serietà e la coerenza. Sicuramente dovremo proseguire secondo questa lezione anche per la tutela e la valorizzazione della collezione della Villa sul colle di Biumo. Un comitato di garanti assicurerà la linea di condotta dei futuri progetti e scelte culturali per non venir meno a quello che è il vero talento di Villa Panza, improntato all'eccellenza e alla qualità".
Romano Oldrini (Presidente Amici di Piero Chiara)
"Due sono i ricordi che mi legano al Conte Giuseppe Panza, il primo risale al 1978 quando ricoprivo l'incarico di sindaco a Gavirate, organizzai al Chiostro di Voltorre la mostra d'arte povera 'Cara morte'. Una mostra che fece molto scalpore nel periodo in cui Giulio Carlo Argan teorizzava il concetto della morte dell'arte secondo le concezioni tradizionali. Panza accettò di far parte del comitato direttivo accanto a me, Pierguido Bay, Luigi Piatti e il critico d'arte Tommaso Trini. Il secondo ricordo è legato al periodo in cui Giuseppe Panza chiese al Comune di Varese, che aveva allora come sindaco Gibilisco, di acquisire Villa Panza e la collezione. Per quanto mi era possibile lo aiutai, ma la risposta non fu positiva".
Costante Portatadino (Pres. Amici Museo F.Bodini)
"Riconosco volentieri nel Conte Giuseppe Panza di Biumo colui che mi ha iniziato alla comprensione e all'apprezzamento dell'arte contemporanea. Erano gli anni ottanta e per la prima volta si affacciava la proposta di fare di Villa Panza un museo pubblico, un centro di educazione e di sviluppo dell'arte contemporanea. Già si parlava di collaborazioni importanti con il museo Guggenheim, mentre non era ancora comparsa l'ipotesi Fai. Non si può dire che trovò immediato appoggio da parte delle autorità cittadine e provinciali, ma, trovandomi nel mezzo, capivo anche la perplessità dei gestori dell'interesse pubblico di fronte ad una proposta che appariva riservata ad una nicchia limitata di appassionati. Si ironizzava infatti sui numeri di visitatori che sarebbero stati attirati dal museo e sul numero di biglietti che sarebbero stati necessari per coprire le sole spese di custodia… Questa incomprensione di fondo lo rendeva malinconico e forse anche per questo, meno capace si suscitare entusiasmi. La sua tenacia e la provvidenziale disponibilità del Fai finirono poi per scovare una soluzione vera, di grande prestigio per la raccolta e per la città. Avendo recentemente realizzato in collaborazione con Villa Panza la mostra 'Prova a volare', ho potuto verificare non solo la sua capacità personale di collegare la sua visione dell'arte con un soggetto perlomeno inconsueto, ma in modo concreto la capacità dell'istituzione da Lui creata di persistere in un progetto culturale di grande avvenire".