Arrivata in redazione all'inizio della settimana, la lettera di Giuseppe Terziroli passa al vaglio non solo lo stato della cultura in provincia di Varese ma pone sul tavolo del dibattito almeno un paio di altre osservazioni che ci sembrano interessanti da commentare. Una riflessione aperta, che a noi pare essere l'indispensabile companatico dei giornali che, nel loro piccolo e nel locale, dovrebbero offrire, quando possibile, anche temi di dibattito.
L'affondo – E quì arriva uno dei primi punti messi in evidenza da Terziroli: "Le vicende del Chiara è giusto che finiscano in prima pagina, per appagare gli aspetti della mondanità e di chi vive per questo. Ma vi prego affondiamo il badile un po' più sotto la terra". È quasi un urlo di imploro quello di Terziroli, un invito ai mezzi di comunicazione a non farsi prendere al laccio dal pettegolezzo facile, dalla polemica che si squaglia come neve al sole e non ha la forza e la densità di argomenti per passare la stagione di secchiello, paletta e ombrellone. Un invito a scrivere o divulgare notizie che siano anche "esportabili" che cioè, pur nascendo dal nostro territorio, possano avere elementi di interesse anche per chi questo territorio non lo abita e lo guarda da lontano; che abbiano insomma la stoffa per varcare il limite strettamente municipale.
"Da quasi vent'anni – prosegue la lettera inviataci –
frequento Como, vi assicuro che ciò che bolle in pentola a Varese, per chi lo sa cogliere, è un vulcano rispetto al grigiore dei vicini. Ma spetta alla politica dare un segnale di accordo e di apertura. La Provincia lo sta facendo, ma, occorre ammetterlo, il Comune un po' meno". Secondo Terziroli potrebbe profilarsi all'orizzonte della "Varese in pieno fermento culturale" anche il rischio della piccineria, della grettezza provinciale, dei personalismi che invece di aprire la città, la fanno rinchiudere a riccio. E questo pare anche essere uno dei criteri fondamentali di notiziabilità per i media che si trovano a gestire l'agenda setting di palinsesti o testate cartacee.
Terziroli cita anche alcuni siti web di informazione, una peculiarità che sembra proprio tutta varesina: una ricchezza che non è solo fatta di cronaca ma anche di straordinarie "potenzialità, studi, ricerche, iniziative incredibili, scoperte che si susseguono". Sul campo della città giardino, in tema di cultura – prosegue la riflessione di Terziroli – si sta disputando una sorta di campionato tra due schieramenti "seniores et juniores", giacché "è solo un fatto di linguaggio specie di quello web, che i c.d. Seniores non riescono ad intercettare e a fare proprio in tutte le potenzialità".
E allora la domanda: é possibile esser davvero capaci di "comunicar bene" nell'era di Internet? Se è vero che Internet conta ormai un miliardo di utenti e che due terzi della popolazione mondiale si connettono alla rete attraverso un PC portatile, è intuibile quanto sia urgente una riflessione approfondita sul ruolo dei media nell'epoca contemporanea. Nel mondo dei media, sembra avvertirci Terziroli, è sempre più urgente un'alta caratura culturale. Scegliere percorsi di sperimentazione e scommettere sulle novità sono l'unico antidoto contro la 'stanchezza dello sguardo'. Pare che sia nel mondo della comunicazione televisiva, sia in quello on-line e on-paper, sia ormai avvertito il pericolo di una generale banalizzazione di contenuti e di un impoverimento dell'intelligenza creativa.
Prendere con responsabilità il 'caso serio' della comunicazione probabilmente significa anche tornare a riflettere sull'urgenza di un "giornalismo sostenibile", capace di cogliere la novità ma attento anche alla custodia della memoria, in grado di puntare all'inclusione sociale. Grazie a Giuseppe Terziroli per aver voluto condividere questa riflessione di mezza estate e speriamo di poter tornare a parlarne, anche insieme agli altri, a settembre.