Il titolo della mostra allestita nella chiesa di San Cristoforo sul Naviglio è: "Logos – Sarx. Dittico del Verbo fatto carne". Di che cosa si tratta?
"Il lavoro trae inizio da una meditazione sul mistero del Verbo di Dio che si fa carne. E sono due i poli attorno ai quali si sviluppa il discorso artistico: il primo è incentrato sulla discesa del Verbo che si fa corpo, il secondo fa riferimento al bacio sulla bocca così come ci viene narrato nel Cantico dei Cantici. Il verbo, dunque, che si è fatto corpo, si fa Amore. Fulcro della meditazione sono due pannelli posizionati, come un dittico, nella zona absidale della chiesa. I dipinti troveranno poi, a mostra conclusa, una collocazione pubblica, in una biblioteca del lodigiano".
La mostra è curata dal teologo e docente universitario Pierluigi Lia. Come vi siete conosciuti?
"Ho partecipato ad una delle rassegne dedicate all'arte sacra, allestite nel chiostro dell'Università Cattolica di Milano. Da quel primo contatto con Pierluigi Lia è iniziato un lavoro ed un percorso condiviso su alcune idee, progetti, ipotesi di esposizioni. In particolare, mi interessa la sua ricerca sul Cantico dei Cantici pubblicata con Ancora ed intitolata "Il cantico di Chagall. Il Cantico
dei cantici nella rilettura di un maestro del colore".
L'allestimento della mostra crea un vero e proprio percorso, una "litania" come ha scritto Pierluigi Lia.
"Esatto. Nella parte dell'edificio dedicato all'assemblea sono esposte nove piccole opere che riprendono alcuni temi spirituali affrontati nella recente esposizione dei chiostri della Facoltà Teologica di San Simpliciano a Milano. Inoltre, nella cappella dei Morti, una sorta di sacrestia, sono visibili due grandi tele incentrate sui cardini della regola di San Benedetto, esposte anche nella sala capitolare dell'abbazia di Fossanova".
Perchè un allestimento così denso e complesso?
"In effetti si crea un interessante rapporto spaziale tra chi entra in San Cristoforo e le opere disseminate nei vari ambienti liturgici. Si apre uno spazio di tensione che invita a cercare, ad inseguire con lo sguardo. La disposizione delle opere non è per nulla invasiva anzi richiama e necessita di contemplazione e silenzio. È per questo che Lia ha scritto che: "La meditazione del dittico è propiziata da una serie di opere di piccole dimensioni posizionata nelle navate: quasi una litania, un canto".
L'occhio, per così dire, ascolta il bisbiglio e il silenzio e si accorge di ciò che ha intorno. Un invito a superare le difficoltà e le barriere dello sguardo; in fondo anche io sono miope".
Ma non lo siamo forse tutti?
"Purtroppo oggi la visione è viziata da due differenti ostacoli: da un lato uno sguardo a grand'angolo che poi richia di diventare dispersivo e distratto; dall'altro una concentrazione troppo limitata, cintata ed isolata. La pittura, invece, ha bisogno di tutte e due le percezioni: quella più aperta e scoperta e quella più mirata. Questa mostra, mi sembra, può sollecitare uno sguardo più discreto e lento; una pausa per rallentare e tornare a riflettere. Credo che il più grande malanno odierno sia la mancanza di energia ben indirizzata. Si sono del tutto smarriti la direzione e il senso delle cose. Anche la crisi attuale non penso che sia un problema ultimamente di carenze di finanze. Oltre a questo – innegabile – problema c'è quello ben più grave dello svuotamento del pensiero. Meglio non fare una mostra che fare qualcosa che distrugge lo sguardo, che sia frutto solo di cosmesi e non di sostanza, che sia partorito dalle solite corporazioni artistiche. L'energia in questo modo viene dirotatta sul nulla, mentre potrebbe essere impiegata per realizzare, insieme, qualcosa di grande, capace di lasciare un Segno".