Affacciata sul Naviglio grande, la nuova sede milanese del Centro per l'arte contemporanea Luigi Pecci di Prato, momentaneamente chiuso per lavori di ampliamento dell'edificio museale, invita a un viaggio nello spazio e nel tempo attraverso i territori dell'arte presentando quattro installazioni ambientali di Pinot Gallizio, Fabio Mauri, Mario Merz e Superstudio insieme a un progetto di Lucio Fontana riguardante l'allestimento della sua sala personale alla Biennale del 1966.
Un altro spazio – Di un altro spazio, quello concepito e creato dall'arte, parla la scritta al neon di Massimo Uberti realizzata appositamente per il cortile del museo, ospitato in un edificio ex-industriale, introducendo il visitatore al tema della mostra e alle opere esposte e richiamando il concetto di "spostamento" che sta alla base del progetto curato da Stefano Pezzato. Uno spostamento fisico che ha portato una parte della collezione toscana a Milano nel periodo di chiusura della sede di Prato, ma anche spazio-temporale che coinvolge il visitatore facendolo sprofondare nel tempo primordiale della Caverna dell'antimateria di Gallizio, oltrepassare i confini della terra per camminare sulla superficie lunare di Mauri, viaggiare all'infinito lungo La spirale appare di Merz e nel "modello alternativo di vita" di Superstudio.
Queste quattro opere, centrali all'interno della poetica dei singoli artisti, ci fanno ripercorrere la fervida creatività del decennio tra la fine degli anni '50 e l'inizio dei '70,
quando vennero realizzate o ideate. Artista scienziato, Gallizio dal 1957 aveva iniziato a produrre nel Laboratorio sperimentale di Alba rotoli di "pittura industriale", vendibile al metro, con la quale nel 1959, alla Galleria Drouin di Parigi, rivestì le pareti della Caverna dell'antimateria, dal dicembre 2010 in comodato presso la collezioni Pecci: un "antimondo", come lo definì lo stesso artista, sospeso tra il tempo preistorico e l'attualità della pittura "disintegrata" dell'era atomica. Luna di Fabio Mauri, esposta per la prima volta alla Galleria La Tartaruga di Roma nel maggio del 1968 poco prima del famoso allunaggio, è un ambiente rivestito di palline di polistirolo a cui si accede da due aperture ovoidali che ricordano gli oblò delle astronavi: sprofondando nella superficie bianca creata dal materiale plastico lo spettatore perde i riferimenti sensoriali consueti ed entra in una dimensione onirica e poetica. Frammento di un'installazione, ideata nel 1970 ma realizzata solo vent'anni dopo, è invece La spirale appare di Merz, realizzata con fascine di faggio e castagno, che avvolge lo spazio ed evoca lo scorrere ciclico e infinito del tempo. Al centro dell'ampio open-space campeggia un grande schermo su cui scorre il film Supersuperficie, realizzato da Superstudio per l'importante mostra Italy: The New Domestic Landscape del 1972, che rispecchia la visionarietà utopica del gruppo di architetti radicali fiorentini.
Invito al viaggio. Parte 1
Proposte dalla collezione del museo. Ambienti
Museo Pecci Milano
Ripa di Porta Ticinese, 113
progetto a cura di Stefano Pezzato
Fino al 26 marzo 2011
Orari: da martedì a sabato, dalle 15.00 alle 19.00; chiuso festivi