Nelle opere di Daniel Lifschitz, in mostra all'Ata Hotel di Varese fino a domenica, l'esperienza personale, il bagaglio culturale e storico così come il confronto con altri autori, si mescolano senza soluzione di continuità. "L'immondizia ama Dio. Storia di un cattolico ebreo" è il titolo della sua autobiografia. Un migrante tra pittura e salmi, alla ricerca del pulviscolo che scende dall'alto come una luce di grazia, a bagnare oggetti ed esseri umani. Un artista che ha conosciuto il significato della conversione, un autore alla ricerca delle tracce del popolo ebraico e della vicenda umana di Edith Stein. Parliamo per diverso tempo con Daniel. Di tutto: della responsabilità alla quale sono chiamati i mezzi di comunicazione, del Concilio Vaticano II, di una committenza artistica di Carmelitani, del riflesso nei vetri dei suoi lavori.
Nei suoi pastelli, lo stupore provato davanti a perfette sfere colorate o ad una natura morta disposta ordinatamente su un piatto, ci parla di un destino condiviso e confessato, di un'esperienza di fede, di dubbio, di ricerca di certezze.
La riflessione, il pensiero e la preghiera formano un sentiero lungo il quale si svolge l'esistenza, "attraversano – come ha scritto Enzo Bianchi – stagioni mutevoli, periodi in cui sembrano smarrirsi certezze acquisite, svolte che rimettono in gioco orientamenti e tendenze, episodi che contraddicono noi stessi e le scelte di cui più ci credevamo convinti".
Daniel Lifschitz – Mostra personale
Fino al 6 marzo 2011
Varese, Atahotel Varese
Via Francesco Albani, 73