"Se trovare il San Cassiano di Avigno è stata una certa impresa, questa è certamente più impegnativa. Si potrebbe destinarla a meta di una caccia al tesoro ed esser certi che in pochi saprebbero raggiungerla. Ciò che spicca nel tormentato ambiente nel quale malamente si trova è però la veste pittorica stesa sulla sua umile facciata con affreschi di mano di un ignoto maestro che ha firmato il suo modesto intervento nel 1408". Così Silvano Colombo oltre dieci anni fa a proposito del tempio sacro della Schirannetta, anche nota come chiesa della Purificazione.
Nelle prossime settimane, il piccolo edificio si appresterà ad essere "risanato" dagli stessi esperti che hanno preso in cura il Battistero cittadino di San Giovanni. Ammonta a poco meno di 100.000 euro il preventivo dei lavori per la chiesa varesina, il più antico monumento della castellanza di Casbeno. Le opere riguarderanno il completo ripristino della facciata dell'edificio, della scala esterna, oltre alla revisione del manto di copertura.
E se è vero che l'edificio si trova letteralmente nascosto e attorniato da abitazioni e costruzioni, dobbiamo aggiustare un poco il tiro su quel "modesto intervento" di ignoto maestro, sottoscritto dal Professor Colombo, perchè molto ancora sopravvive e ci è dato da ammirare di questi brani gustosi e scaltri, duri e arcaici, realizzati con sapienza e maestria di timbro artigianale. Un'arte certo popolare, ma anche reale, viva.
Sulla facciata a capanna sono raffigurati San Cristoforo, Sant'Ambrogio e due altre grandiose figure che recano in mano il pastorale: Antonio Abate e Bernardo che, in leggero tre quarti, chiude a destra la facciata. Una spessa cornice rossa racchiude le figure e, insieme, delimita il frontone sovrastante, dove è rappresentata l'Annunciazione, con Dio Padre che si affaccia da un
occhio raggiato.
In facciata, ad onor del vero, ciò che è visibile sono delle "ombre" rustiche ma fortemente espressive: le figure dei santi risultano ben piantate per terra, solide, robuste, nonostante siano profondamente danneggiate e solcate da fenditure di ogni sorta a grandezza.
Ma se si guarda con più attenzione le figure dipinte sulla facciata non sono solo quattro: c'è un piccolo personaggio, ormai anch'esso poco leggibile, all'estrema sinistra: un omino con un copricapo, probabilmente un pellegrino, fa schermo agli occhi con le mani per scorgere in lontananza il Santo che porta sulle spalle Gesù Bambino.
All'interno proseguono le sorprese: sulla parete destra si trovano una bellissima Trinità, la Vergine che allatta, San Lorenzo con la graticola e i Santi Cosma e Damiano, raffigurati con ricchi abiti aristocratici, il lungo mantello di ermellino e "i ferri del mestiere".
Il maestro che affrescò quei visi, arrossati, un po' rustici e grifagni, deve essere con buona probabilità lo stesso che ha operato a Brebbia, sulla parete di fondo della navata destra della Chiesa di San Pietro. Quì si trova una teoria di Santi, riemersi durante i lavori di restauro del 1963-64: Paolo, Antonio Abate, che compare due volte consecutivamente, Stefano e Bartolomeo. L'immagine di San Bartolomeo, in particolare, santo taumaturgo e guaritore di infermi, è molto ben conservata nel disegno e soprattutto nei vivaci e squillanti colori. Il pittore, che ha voluto risparmiarci il particolare macabro del santo con la muscolatura messa a nudo, ce lo rappresenta con in mano il libro ed il pugnale, strumento con il quale patì, secondo la tradizione, il martirio.