Ad ogni costo – La notizia fa raggelare il sangue nelle vene se l'abitudine a notizie di questo tipo ancora non ci ha narcotizzati del tutto. Un gruppo di infermieri dell'ospedale Molinette di Torino ha messo online foto, rubate nelle sale visita, di pazienti in pronto soccorso, accompagnate da commenti su facebook.
"Abbiamo da anni in Internet un formidabile punto di confronto di esperienze cliniche e un alleato
nell'aggiornamento – commenta il primario, il professor Valerio Gai riferendosi a quanto accaduto in ospedale – Ma, come per i farmaci, va usato con cautela e per il giusto fine. Se al mondo d'oggi, per esistere, si deve apparire ad ogni costo, senza preoccuparsi di come e perché, vuol dire che anche l'imbecillità ha trovato spazio".
La dimensione della malattia e quelle della cura e dell'assistenza, violate in immagini che paiono non così lontane dagli scatti di Abu Ghraib.
Così, tra una bacheca e un tag, la fotografia si fa innocua, addomesticabile, buona per il tempo libero, che tanto si condivide su facebook, dove tutto è incolpevole. Lo sguardo si fa perverso, si gira all'indietro e poi sprofonda nell'abisso. Ma la fotografia non è incolpevole, non è dissennata, semmai, è capace di portare a galla tutto, di far sobbalzare davanti agli occhi e alla coscienza. È la forza dello zoom, dei tagli delle immagini, delle luci che rendono drammaticamente vivo il soggetto.
Peter Granser ritrae i volti di anziani malati di Alzheimer. E penetrando l'universo della malattia, tenta di suggerire la solitudine e allo stesso tempo di dare spazio e dignità ai "sudditi" del morbo. Il tutto è spiegabile solo con quella capacità di sguardo che è di pochi; e che soprattutto pochi sanno fissare e re-indirizzare.
«L'ospizio era così da star male, faceva parte delle mie preoccupazioni del momento, mi angosciava, rappresentava quello che la vita può serbare. Un tempo infatti avevo creduto che crescere significasse imparare a vivere e a essere felici, maturando invece, mi sono reso conto che alla fine dei tuoi giorni puoi ritrovarti in un ospizio: tutto il contrario quindi. Se la vecchiaia è così triste e spaventosa, come sarebbe stato a Lourdes?
Sono stato attratto da quel luogo, ma non ci sarei mai potuto andare se non avessi ricevuto un notevole contributo economico da uno dei più capaci direttori di riviste di fotografia di allora, il direttore di Camera. Andai e feci le foto dall'alto. Guardavo giù e vedevo un mare di dolore, eppure non avevo ancora compreso del tutto. Quando poi mi avvicinai di più, udii tutta la sofferenza, e all'improvviso vidi un ragazzo accanto ai genitori e a due infermieri che spingevano la carrozzella. Quel giovane era segnato per tutta la vita! Ho provato un senso di angoscia più forte di quando avevo fotografato l'ospizio, e ho perso il coraggio di continuare: non sono stato un bravo fotografo, ho restituito il denaro e non ho più completato il lavoro. Le poche foto scattate allora sono tutte da lontano (…) Tutto questo mi ha insegnato molto. Credo che un miracolo ci sia, e sia quello di vivere tutti i giorni, non avevo mai pensato prima a questo miracolo continuo del vivere».
(da Avvenire, 19/02/2000, intervista inedita a Mario Giacomelli di Luisa Masaccesi).