"La bellezza che era soltanto bellezza mi pareva vuota, ma la bellezza che portava un fardello, gravato da una passione, da un'infelicità, da tetri presentimenti, mi attraeva e mi incantava. Come se la bellezza non fosse qualcosa di distaccato e separato, indipendente dagli umori e dalle contingenze del tempo…". Sceglie di citare Elias Canetti, il critico Lorenzo Mortara nel testo di introduzione alla mostra di Vanadur aperta a Genova. Un commento che richiama non solo i tormenti insanati del sommo genio di Caprese ("La lingua salvata" è proprio dedicata a Michelangelo Buonarroti) ma anche le atmosfere de La masseria delle allodole dell'Arslan, un commento che mette l'accento sulla densità, la concentrazione di significato della pittura di un armeno segnato dalla dolorosa perdita dei suoi cari, raggiunto dall'illuminazione che la bellezza "non può prescindere dal lato oscuro della sua rivelazione", che le visione si dà intera, senza censure, senza tagli o veli.
I personaggi emegono dalla tela meno stralunati di quelli di Derain, ma più tormentati di quelli di Sassu. E se i suoi verdi richiamano l'erba di San Lazzaro degli Armeni, l'azzurro ricorda quasi le pietre preziose del lontano Oriente. Come quasi tutti i veri maestri, Vanadur quando racconta della propria arte appare familiare, facilmente avvicinabile, confidenziale, alla buona. Eppure, alle porte del secolo d'età, Vanadur confessa che la pittura ancora lo fa interrogare, domandare, che i colori rimandano ad altro. Continuamente.
Proponiamo in allegato lo speciale televisivo realizzato nel novembre 2009, a cura di Massimo Andriolo e Debora Banfi (durata: 6 min.)
Vanadur. L'anima delle donne
Dal 12 marzo al 29 aprile 2011
Genova, Galleria Artrè di Bruna Solinas
Piazza delle Vigne 28r
Orari: dal martedì al sabato dalle ore 15:30 alle 19:30