29 maggio 1179, il giorno della battaglia di Legnano, mitica impresa con cui i comuni lombardi sconfissero l'imperatore Federico il Barbarossa. Un episodio fra mito e realtà, che dal 1932 è ricordato con una rievocazione storica: il palio e la sfilata.
Una manifestazione a tutto tondo – L'atmosfera del palio si respira tutto l'anno, perché le famose contrade, cioè i rioni che costituiscono la città di Legnano, sono impegnate costantemente nella preparazione dell'evento. Ma nei mesi di aprile e maggio la tensione sale alle stelle. Alla Traslazione della Croce di Ariberto d'Intimiano dalla Contrada vincitrice del Palio alla Basilica di San Magno, seguono l'investitura civile dei Capitani del Palio e la domenica dei manieri aperti, cioè l'apertura a tutti delle sedi delle singole contrade. Poi il castello diviene per due giorni teatro di rievocazioni: il volo dei falchi, sbandieratori, fino al grande spettacolo pirotecnico della presa del castello.
Il carroccio – Il cuore del palio è il famoso carroccio, nato in epoca medievale come strumento di combattimento. Si tratta di un grosso carro, trascinato da buoi, che reca le bandiere bianche e rosse di Milano, l'altare e una campanella nota come "martinella". Era usato in guerra, perché intorno ad esso si riunivano i soldati, spesso un ministro della Chiesa vi diceva Messa durante la battaglia e la campana aveva il compito di richiamare i soldati. Secondo la leggenda, proprio raccogliendosi intorno al carroccio, i Milanesi riuscirono a respingere gli attacchi di Federico.
Il grande giorno – Fra preparativi, cene di contrada, scherzi fra le contrade, alcune delle quali sportivamente avversarie (come Sant'Erasmo e Legnarello), arriva il giorno più amato e temuto, che prevede la parte
agonistica, la corsa dei cavalli, e la sfilata in costume. Sport e storia, soprattutto ricostruzione storica di alto livello.
Una finestra sul Medioevo – La sfilata si presenta agli occhi dei locali ma anche dei non legnanesi come un momento speciale, dove i figuranti, circa un migliaio, cessano per un paio d'ore di essere uomini del XXI secolo e vengono rimbalzati nel cuore del Medioevo. Ed eccoli quindi togliere tutto ciò che all'epoca non esisteva e indossare abiti di castellane, di popolani, di dame. Abiti di pregiata fattura, realizzati a mano, con decorazioni squisite, ricami raffinati; ma non solo, riproduzioni di armi dell'epoca, dalle cotte in metallo alle spade. Dietro ogni vestito, ogni gioiello si nasconde un lavoro minuzioso di ricerca. I contradaioli nell'apprestare un costume compiono precise ricerche, vanno a spulciare nell'arte dell'epoca medievale, riprendendone i motivi. Esiste una "commissione costumi" che controlla la perfezione filologica di quanto preparato.
Al centro della sfilata. La sfilata inizia con il passaggio dei gonfaloni, cioè delle bandiere delle città che facevano parte della lega dei Comuni. E poi ecco le otto contrade: ciascuna sfila con al massimo centodieci figuranti e sedici cavalli. Importanti i ruoli della castellana, che saluta il pubblico con la mano alzata, il capitano a cavallo, con la spada tesa, e il gran priore. La bellezza è data dal vedere anche come le contrade interpretino la tematica loro assegnata e portino i propri simboli.
Nella sfilata di quest'anno ha aperto le danze S.Martino, il cui tema è la musica: e così i figuranti hanno portato con sé corone di fiori, strumenti musicali, muovendosi a passi di danza.
Da S. Domenico a S. Ambrogio – Poi è stata la volta della contrada di San Domenico, introdotta da due cani bianchi, così come è bianco il cane raffigurato nello stemma, dedicata ai giochi popolani: ecco giocolieri e
giganti sui trampoli. Cortigiani, commercianti, servi hanno segnato l'arrivo della contrada di Sant'Ambrogio, che ha messo in scena un matrimonio medievale con un corteo di bambini.
Il sole e il santo – Arriva poi la contrada di Legnarello, il cui stemma è un sole dai colori rosso e giallo: sfilano i mestieri del popolo, il fornaio, i lanaioli, i vignaioli, a ricordare il popolino medievale. Si passa poi a S.Bernardino, che ha per tema il trionfo delle armi, cioè le armi abbandonate secondo la leggenda dal Barbarossa e caricate su una portantina.
Dal clero alla caccia – Continuano la lunga marcia i figuranti della contrada S.Magno, dedicata al clero e alla nobiltà. Aprono la strada cavalieri crociati e poi nobili fanciulle, portantini con le reliquie del santo e il vescovo. Caccia e astrologia i temi di Sant'Erasmo: ecco così, accolti dagli applausi del pubblico, sfilare animali come levrieri, gufi, falchi, aquile e soprattutto il corvo, simbolo della contrada, portato da un priore. Dietro bambini che giocano con oggetti nel Medioevo ritenuti magici.
I vincitori – Chiudono questa prima fase della sfilata i vincitori dell'edizione 2010, la Flora, così chiamata dalla bellezza delle sue donne, definite appunto fiori. Loro tema, la guerra: soldati armati di tutto punto sfilano con sguardo severo.
La seconda parte della sfilata. Tocca ora al carroccio, che raccoglie il plauso generale. Lento, trascinato da buoi, avanza il carro, che reca l'altare e la famosa martinella: è il momento forse più sentito della sfilata. Dietro, solitario, si erge un cavaliere, su un cavallo nero: è il leggendario Alberto da Giussano, personaggio fra il reale e l'immaginario, capitano della Compagnia della Morte. Incitato dal pubblico si lancia in una breve corsa. Lo seguono a distanza i suoi cavalieri, fieri.
Storia, spettacolo, cultura – La sfilata è senza dubbio un evento da vivere almeno una volta, per tornare indietro nel tempo, per ammirare la tradizione locale, per sentire il calore di una città che dimentica la modernità e si raccoglie intorno alla propria identità culturale e folklorica.