È stato uno dei protagonisti dell'arte italiana del secondo Novecento, Trento Longaretti (Treviglio, 1916), allievo di Aldo Carpi e poi successore di Achille Funi all'Accademia Carrara di Bergamo. Fra i temi ricorrenti della sua poetica (madri, clowns, mendicanti, girovaghi, musicanti, saltimbanchi, venditori ambulanti, ecc), caratterizzata da una peculiare vitalità cromatica, spicca anche quello del sacro, a cui lo Spazio Crovevia dedica – fino al 23 giugno – una piccola ma densa retrospettiva. Con quella sua pittura solitaria, «antiretorica e antideclamatoria», sempre percorsa – come ricordano i suoi compagni di "viaggio" (Ennio Morlotti, Bruno Cassinari, Arnaldo Badodi, Ibrahim Kodra, Aldo Bergolli) – da una vena sottile di inquietudine, l'artista imbeve i suoi soggetti di una carica malinconica che li sospende in una realtà fragile, ma colma di fede e speranza. Col passare degli anni al segno raffinato e fiabesco si sostituisce un colore torbido e spesso, dove convivono e si mescolano la lezione della pittura quattrocentesca, gli insegnamenti del maestro Carpi, il riferimento all'universo fantastico e spirituale di Chagall e l'esperienza con il gruppo di "Corrente". Con una pennellata larga e corposa, Longaretti (si) ritaglia a poco a poco un mondo essenziale, epurato da inutili orpelli decorativi. Sagome nette, cromie scure e terrose, mescolate a campiture di ocra, rossi sanguigni e blu oltremare.
Tutta la sua ricerca gioca sull'equilibrio di toni e colori, spazi e volumi compositivi. «Prima sporco la tela»,
1976
racconta l'artista, poi «stendo i colori, ne studio l'armonia ma non ricerco subito la figura, non mi ispiro a modelli, non ritraggo gli eventi o la natura. In questo magma di colore la luce non è più un fattore esterno, irradia dal di dentro. L'immagine viene da sé, porta a espressione un sentimento». Nei suoi quadri – che siano paesaggi, ritratti o nature morte – domina una ricerca di semplicità e "sacrificio" pittorico. I corpi sono esili, quasi scheletrici, i volti scavati dalla vecchiaia, dalla fatica o dalla sofferenza, spesso sottolineati da tinte cineree e bluastre. Come in Venerdì Santo, in cui la figura pallida del Cristo, appeso alla croce e reso attraverso delle pennellate estremamente sommarie e veloci, contrasta con lo sfondo nefasto e sanguigno. Toni che si smorzano in Madre in grigio, dove la profusione di rosa concorre alla creazione di un'atmosfera amorevole e rassicurante. Una Donna-Madre-Madonna che avvolge l'umanità in un abbraccio, donandole protezione e speranza. "Bisogna credere", sembrano bisbigliare, o urlare, i dipinti di questo grande maestro lombardo. D'altronde come lui stesso afferma è la fede che «dà significato alla mia [e quindi alla nostra, NdA] vita».
Trento Longaretti – Opere Sacre
Spazio Crocevia
via Appiani 1, Milano
fino al 23 giugno 2011
a cura di Giovanni Gazzaneo e Enzo Bianchi
Orari: dal martedì al venerdì, dalle 16.00 alle 19.00
Lunedì e sabato su appuntamento
tel. 33979000908
fondazionecrocevia@gmail.com