"Il gruppo scultoreo della Crocefissione in Santo Stefano a Velate: presentazione del restauro e note sull'iconografia". Anna Maria Ferrari, storico dell'arte e Fulvio Baratelli, restauratore svelano al pubblico le fasi del restauro del gruppo scultoreo collocato sopra la zona presbiteriale della chiesa di Santo Stefano a Velate. "Dopo una serie considerevole di analisi scientifiche – spiega Baratelli – si è arrivati alla diagnosi per il gruppo ligneo, decidendo di intervenire con un restauro di tipo conservativo. L'urgenza maggiore era quella di diminuire le pericolose fessurazioni radiali nel corpo delle sculture, resesi molto evidenti e, in qualche caso, malamente acconciate in interventi conservativi di qualche decennio fa".
Il pericolo numero uno, dunque, si chiama tarlatura. E la misura di intervento più efficace è la disinfestazione. Caratteristica peculiare – e forse un po' anomala – del gruppo scultoreo di Velate è l'assenza di coloritura. "Posso affermare – spiega il restauratore Baratelli – che le figure lignee non presentano nemmeno minime tracce della preparazione utile a ricevere i colori. Il gruppo era lucidato con gommalacca e cera, dilavate in un bagno di soda di cui resta una traccia, per così dire, autografa: sul retro di uno dei personaggi, si può ancora leggere: "Donati Riccardo 1876 ha lavato… (ndr)".
Il nemico numero due si chiama sporco. Così, dopo la disinfestazione, eseguita in atmosfera modificata con un forte apporto di azoto, si è passato uno strato di gel ossigenante per ripulire la superficie, oscurata da una densa patina di sporco grasso. Dopo il consolidamento con resine sintetiche, si è passati alla stuccatura delle interruzioni, con cera elastica. La lucidatura con gommalacca e cera ha completato l'intervento che aveva come obiettivo quello di recuperare il gruppo scultoreo e di preservarlo da futuri attacchi di degrado.
"Numerosi possono essere i confronti con gruppi lignei che permettono di precisare la datazione e le
caratteristiche stilistiche del gruppo", ha spiegato Anna Maria Ferrari che, dopo un approfondito excursus sull'iconografia della Crocefissione, si è soffermata sui gruppi della chiesa di Santo Stefano a Mezzana e su quello della Parrocchiale di Casorate Sempione. "Il gruppo di Velate – specifica la Ferrari – risale ad un periodo tra fine '600 ed inizio '700. I festoni e gli angioletti, invece, risalirebbero ad un momento successivo, intorno al 1800".
E d'improvviso spunta il nome di Lodovico Pogliaghi, sodale di quel Donati Riccardo dilavatore e protagonista di molti interventi decorativi o di assemblaggi in chiese di Varese e dintorni. Numerose sono le prove addotte da Anna Maria Ferrari come diversi confronti, caratteristiche formali comparative e tecniche, utilizzate per comporre i festoni lignei, "ondulanti al vento".
Molti ancora i punti interrogativi che riguardano il gruppo ligneo, avvicinato alla produzione di Antonio Pino, soprattutto per la mancanza di pellicola pittorica e per gli scarti dimensionali tra i dolenti e il Cristo in croce. "Una composizione in scala prospettica – spiega la docente – che vede il Crocifisso "quasi zippato" rispetto alle figure antistanti o ai lati".
Un tema davvero molto interessante che la "storica mostra" Maestri della scultura in legno nel Ducato degli Sforza, aperta al Castello Sforzesco nel 2005 da Giovanni Romano, ha contribuito a portare alla ribalta. E che, oggi, le relazioni e gli affondi storici di Baratelli e Ferrari contribuiscono ad ampliare ed aggiornare.