Una scala, dicevamo, che chiude il primo piano del Museo e porta più in alto, a ritmo della musica di un carillon. Qui in altre antiche stanze del castello trovano posto giocattoli molto speciali, ora fermi, immobili nelle vetrine, ma una volta capaci di muoversi: è la sala degli automi.
La collezione – In tre sale è esposta la collezione del Petit Musée du Costume di Tours, raccolta da Robert e Gisele Peschè: una straordinaria raccolta di automi francesi e tedeschi, prodotti durante il XIX secolo. Diversi pannelli raccontano la vita di questi due originali collezionisti.
Ogni stanza è destinata ad un differente tema: musica, circo, vizi e virtù.
Un salto nel tempo, alla ricerca delle origini degli automi – Dare vita a creature inanimate attraverso il movimento, attraverso meccanismi metallici, una sfida che l'uomo ha sempre affrontato. Come dimenticare i robot raccontati da Asimov, i replicanti di Blade Runner?
Il termine greco significa "che si muove da sè".
Nell'antica Grecia si conoscevano delle macchine autòmata, cioè che si muovevano da sé. Per dare vita al movimento i Greci si volsero allo studio delle forze fisiche esistenti in natura, come l'acqua, il vento, la forza del fuoco.
I primi passi – Fu Nerone di Alessandria, nel III secolo a.C., a scrivere come fabbricare automi, ricorrendo a macchine mosse dalla forza idraulica o pneumatica: egli riuscì a costruire figure che si muovevano, come uccelli che cantavano azionati dalla pressione dell'acqua.
Petronio racconta – Per l'epoca romana la fonte principale è il Satyricon. Durante la celeberrima cena di Trimalcione, un servo entrò nella sala portando un automa: si trattava di una figura umana in argento, che assumeva varie posizioni, tramite un filo. Fra Medioevo e Rinascimento personaggi come Baldi e Leonardo da Vinci stupirono con i loro automi, che furono vere e proprie attrattive durante le fiere.
Dall'orologio all'automa: storia della molla. Furono gli orologiai di Augusta e Norimberga a usare la molla, per creare piccoli orologi da tavolo con scenette che si muovevano in modo meccanico. La molla fu la chiave di questa rivoluzione, perché permise un movimento regolare e più duraturo. Nel 1632 la città di Augusta donò al re Gustavo una composizione: una dama e un cavaliere, elegantemente vestiti, danzavano tenendosi per mano.
Il secolo delle meraviglie – Il XVIII secolo si distinse per le grandi sperimentazioni, con automi che si muovevano addirittura attraverso un sistema di pesi: suonatori di flauto capaci di creare melodie differenti, anatre capaci di imitare i movimento dell'animale reale, giocatori di scacchi. Fino ad arrivare, nell'Ottocento, ad una produzione seriale, destinata all'alta borghesia, con una vera e propria industria, fra 1880 e 1920.
Automi di Angera. Le tre sale del Castello custodiscono preziosi automi: e grazie a un gioco si schermi, è possibile vedere il loro movimento. Abbiamo così una delicatissima equilibrista su un filo, due acrobati
impegnati in complicati esercizi ginnici, uomini intenti a fumare sigari e narghilè, una signora che poco elegantemente..usa un vaso da notte!
Alle scuderie! Nella bassa corte del castello, nelle antiche scuderie, sono invece ospitate bambole provenienti dai Paesi fuori dall'Europa. L'interesse sta proprio nel confronto fra le due realtà, la nostra e quella extra-europea, realtà dove alla bambola e ai giocattoli vengono ancora attribuiti valori magici, simbolici. La collezione ospitata da Angera è nata in seguito alla donazione di alcune collezioni, la Nozza Bielli, la Lo Curto e la Sessa.
Dal Giappone… al terzo Mondo – Un nutrito numero di bambole proviene dal Giappone e copre un arco cronologico molto vasto, dal XVII al XIX secolo. Bambole africane e sud-americane riportano il visitatore ad una atmosfera di magia, di ritualità, aspetto fondamentale della vita tribale. I materiali sono sempre vari: legno, perline, pasta vitrea per l'Africa, tela di lana per il Perù, terracotta cruda e dipinta dall'Amazzonia, fibra di cocco dal Brasile. Completano la raccolta semplicissimi giocattoli, spesso "di strada", creati con materiali poveri.
Finisce così "la gita" al Museo della Bambola, uno spazio per i più piccoli, senza dubbio, ma anche per chi vuole conoscere la vita di bambini di tanto tempo fa oppure molto lontani da noi. Una finestra sullo spazio e sul tempo.