mosaico di Carlo Cocquio
Il Varesotto, antico Seprio: terra di viaggiatori, di strade, ma anche di martiri, fedeli custodi del cristianesimo. I nomi di molti sono sfumati nelle tradizioni popolari, altri sono rimasti vivi. Uno di questi è Gemolo, giovane proveniente dal Nord.
La passio – Il racconto del martirio, la cosiddetta passio, raccontata nel Manoscritto dei Nati I (1618-1685), conservato nell'Archivio della Badia di Ganna, ci porta intorno all'anno Mille, quando un vescovo proveniente dal Nord viaggiava verso Roma, in pellegrinaggio. Sul far della sera decise di accamparsi nella Val Marchirolo, nella zona di Arcisate, ma, temendo un attacco di briganti, pose a guardia il nipote Gemolo. Nel cuore della notte, alcuni briganti di Uboldo attaccarono il campo e fecero razzia.
Gemolo, accortosi dell'accaduto, con l'amico Imerio partì all'inseguimento.
Incontro alla fonte – I due raggiunsero i briganti presso una fonte. Qui Gemolo, con tranquillità, chiese loro di restituire il bottino in nome dell'amore di Dio. A lui rispose in modo tracotante uno dei briganti, soprannominato il Rosso, che inveì contro Dio e i cristiani. Incredulo di fronte alla incrollabile fede del giovane, pronto a sfidare la morte pur di seguire la volontà di Dio, Il Rosso pieno di rabbia e odio, esplose e tagliò di netto la testa a Gemolo.
Miracoli da morto – Il corpo di Gemolo, dopo il colpo
dell'analisi condotta sui resti ossei
preso, si rialzò, raccolse la testa e tornò a cavallo verso l'accampamento. Ma il cavallo non si fermò, continuò la sua corsa verso una pianura, dove si arrestò. Il vescovo interpretò questo episodio come un segno di Dio e volle seppellire lì lo sfortunato nipote.
E non solo. Il vescovo lasciò a vegliare la tomba per una notte intera due pastori, con due ceri accesi. Segno divino, la mattina seguente i due ceri non erano del tutto consumati.
Poteri taumaturgici – La sepoltura di Gemolo assunse anche il potere di guarire i malati. Le fonti raccontano che ad un uomo di Varese, malato di febbre, tornò in piena salute.
La tradizione di Uboldo – A questo punto si inserisce una coda al racconto, proprio ad Uboldo, la patria dei briganti. Si racconta infatti che i questi, tornati nelle loro case, si pentirono di quanto fatto e il Rosso, in sogno, vide Gemolo, che lo invitò a cambiare vita.
Le reliquie – Come in ogni tradizione martiriologica che si rispetti, un grande spazio è occupato dalle reliquie di San Gemolo. La tradizione racconta che le spoglie del santo siano nella Badia di Ganna e lavori edilizi del XVII secolo portarono effettivamente alla luce delle reliquie in
di S.Gemolo
corrispondenza dell'altare maggiore della primitiva chiesa di S.Michele. Si trovarono infatti i resti ossei di tre individui. Ma solamente nel XIX secolo il Cardinale Schuster aprì una serie di indagini. Le analisi scientifiche rivelarono che dei tre scheletri uno apparteneva ad un giovane di circa 25-28 anni, al cui scheletro mancavano parecchie ossa e soprattutto del cranio rimaneva solo la calotta.
Il culto – Erano soprattutto gli abitanti delle campagne a pregare san Gemolo: a lui si ricorreva durante la siccità, con una processione speciale. Si procedeva verso l'oratorio di San Gemolo, dove si recitava una preghiera di intercessione o il rosario. L'acqua del rito spesso era raccolta e gettata sui campi, sintomo questo di una grande devozione popolare, confermata anche dalle fonti antiche.
Questi atti sono raccontati ad esempio in un documento del 1596, durante la visita di un legato di San Carlo; si ha notizia che nel Settecento venissero a prendere l'acqua fedeli da Piemonte e Liguria.
Don Francesco Galli – Come dimenticare la figura di questo Priore che cercò nella sua vita di scoprire qualcosa di più sull'identità del vescovo e di Gemolo? In un imponente ricerca compiuta negli archivi di tutta Europa, Don Francesco trovò la risposta tanto sospirata. Scoprendo che il culto del Santo era diffuso anche nell'est europeo, individuò nella Polonia la patria dei due personaggi. La Polonia in quegli anni era in stretto contatto con la Chiesa di Roma e si sa di un certo Poppo di Cracovia che intorno all'anno Mille partì per Roma: Gemolo ne sarebbe stato il nipote.
Sembra così chiudersi il cerchio…