La vita dimenticata dello scultore – Figlio di uno scalpellino viggiutese, Giacomo Buzzi Reschini visse ed operò sul crinale del delicato mix tra tradizione scultorea e rottura con i dettami del passato. Trasferitosi appena quindicenne a Torino, dove frequentò l'Accademia Albertina, fu allievo di Leonardo Bistolfi, riuscendo comunque a mantenere costanti e profondi rapporti con la terra d'origine.
La tesi di laurea di Giulia Stabilini getta nuova luce su questo protagonista dimenticato della scultura lombarda della prima metà del XX secolo, ricucendo rapporti e legami logici, oltre che storici, tra i nuclei museali di Viggiù.
La terra degli scultori – Ma torniamo al maestro che la giovane Stabilini in una lunga intervista, ci permette di "pedinare" nelle sue tappe di vita e di arte; nel 1960 il Buzzi Reschini dona gli spazi che oggi conservano le opere degli artisti Viggiutesi, restaurato e riaperto al pubblico nel 2006: un atto di lungimirante mecenatismo e di amore autentico per la propria terra di quello che è stato uno degli ultimi picasass.
Quì infatti si conservano, tra gli altri, lo spettacolare San Giorgio a cavallo che uccide il drago e i gessi dei bassorilievi bronzei della Via crucis oggi posta lungo la "rizzada" che porta alla chiesa di San Martino.
Così, donazione dopo donazione e restauro dopo restauro, si è venuto a costituire quel ricco patrimonio permenente collocato a Viggiù che comprende anche
l'Orangerie e le Scuderie di Villa Borromeo e il Museo Butti. Un vero e proprio parco cittadino della scultura.
Come nasce una scultura – Terreno d'azione prediletto del Buzzi Reschini è la scultura celebrativa e funeraria. Nel proprio studio e nelle ricerche condotte in archivi e biblioteche, Giulia Stabilini ha messo ordine tra gessi, bozzetti e bronzi finiti del maestro. Ma anche nella sua sterminata documentazione fotografica, ora raccolta e custodita nella Biblioteca di Viggiù. Capitolo inedito dello scultore (che realizzò i monumenti ai caduti di Crocemosso, Chieri, Bordighera e San Damiano d'Asti) è quello che riguarda appunto la testimonianza di scatti in bianco e nero delle opere finite e dei gessi. Giulia Stabilini ha potuto seguire, nella stampa periodica locale e nelle fotografie, la vita in atelier, le complesse tappe compositive e i ripensamenti dell'autore che si intrecciano con la storia sociale contemporanea e con gli avvenimenti bellici.
E nel sottotetto spunta l'inedito – Un curioso marchingegno girevole (fuso in metallo da una ditta di Cernobbio) fungeva con ogni probabilità da catalogo dei lavori, da espositore utile a proporre ed illustrare le opere a committenti ed allievi. "Doveva essere una sorta di catalogo fotografico che si aggiornava automaticamente grazie allo scorrimento delle immagini delle diverse opere del Buzzi Reschini", spiega la giovane storica dell'arte.
Una scoperta che più che concludere un percorso apre nuove piste di indagine e di ricerca storica.