Il Teatro di Varese, quello con la T maiuscola, sorgeva nell'angolo formato dall'attuale piazza Giovine Italia. Fu costruito perché il Teatrino Ducale si rivelò insufficiente alle rinnovate esigenze del borgo.
L'ingegner Ottavio Torelli fu l'appassionato protagonista dell'impresa. Egli, nel dicembre 1790, promosse la fondazione di una Società per la raccolta dei necessari fondi e, ottenuti tutto il benestare della Regia Intendenza Politica, il 14 febbraio 1791, procedette all'acquisto del terreno necessario (i fondi appartenevano alle monache di S. Antonino) e all'inizio immediato dei lavori.
Progettista del teatro fu lo stesso Torelli e appaltatore dei lavori il fratello Fedele che si assunse l'impegno di di abbattere alcuni spigoli delle cade della contrada che allacciava la zona del Corso (già via del Teatro) per rendere più agevole il passaggio.
I lavori procedettero tanto rapidamente che il teatro fu
inaugurato la sera del 6 ottobre 1791 con l'opera La serva innamorata di P. Guglielmi ed il balletto Le astuzie di Bettina di Mattias Stahinger.
Per la costruzione si spesero 67.000 lire milanesi e lire 13.000 per l'acquisto dei terreni.
Il teatro riuscì elegante e signorile, con una discreta platea, un sufficiente palcoscenico, una tripla fila di palchi ed il loggione.
Nelle cronache di inizio Ottocento si apprende che «esso ha giuste proporzioni, sicchè ottimamente vi risponde la musica… il palcoscenico in occasioni di pubbliche danze, viene col messo di organi abbassato a formare un solo salone con la platea… i palchi sono ben addobbati da' rispettivi proprietari e vengon serviti da un camerino; sull'ingresso vi sono tre sale di salotto con biliardo e più camini; è fornito di caffè di pasticceria e di quant'altro occorre al servizio… in questo teatro si danno più opere buffe in autunno e commedie in altre stagioni…».
Secondo il programma iniziale, il teatro doveva essere destinato solo alla rappresentazione di opere buffe e di balli, ma la delegazione teatrale, nel 1828 permise che vi si desse un'opera semiseria di Giovanni Pacini e più
tardi, all'opera buffa s'alternò il dramma lirico che finì per prendere il definitivo sopravvento. Nel 1828 l'interno del teatro fu rinnovato e ridipinto. Le scenografie del veneto Gonzaga furono sostituite con quelle del milanese Sanquirico. Per l'addobbo esterno dei palchi fu adottata una tinta unica mentre prima erano diverse, a seconda dei gusti dei proprietari. La luce elettrica, che sostituì le lampade a petrolio, nel 1896, fu limitata in primo tempo al solo palcoscenico. Anche il grande lampadario che pendeva dal soffitto fu cambiato a più riprese. Nel 1861 fu ingrandita la sala centrale con l'aggiunta di due palchi per ciascuna delle tre file, ai dipinti di Sanquirico furono sostituiti quelli del pittore Bianchi di Milano.
Il teatro fu sede non solo di spettacoli ma anche di vere manifestazioni patriottiche: di protesta contro gli Austriaci nel periodo Risorgimentale, di gaudio e di dolore dopo la proclamazione del Regno d'Italia.
Gli spettacoli che si diedero furono quasi sempre di alto livello artistico. Alcune volte si anticiparono a Varese opere liriche date poi alla Scala di Milano, quali il Barbiere di Siviglia, I Capuleti e i Montecchi, Lucia, La Traviata, la Bohème, l'Alboino… la stagione varesina si teneva nel periodo della villeggiatura autunnale, un vero preludio
della stagione scaligera. Vi cantarono i più famosi artisti italiani, da Tamagno a Gigli, Zacconi, Dina Galli, Besozzi e molti altri.
Si diedero inoltre serate in onore di illustri personaggi, quali Giuseppina Beauharnais Bonaparte. Nella vita locale il teatro fu una cosa importante e i cronisti varesini del passato, come il Grossi e il Comolli, non mancarono mai di prendere nota delle feste e degli spettacoli che si tennero.
La crisi iniziò negli anni 1933-34, in quanto non più rispondente alle norme di sicurezza dei locali pubblici, e fu chiuso con un'ordinanza del 1937. Mancando la necessaria unanimità dei palchettisti per deciderne la ristrutturazione, fu ceduto ad un privato, che si ripromise di adeguarlo alle nuove esigenze, ma, sopraggiunta la seconda guerra mondiale e la successiva crisi economica, fu malauguratamente demolito il 18 settembre 1953, per far posto ad un moderno palazzo, con il rimpianto di molti varesini.