Vedute dell'hinterland milanese, fabbriche e cantieri abbandonati, scantinati vuoti e silenziosi interni domestici: scenografie e spazi desolati carichi di solitudine, mistero e inquietudine. Nelle sue opere, maturate nell'alveo dell'esperienza informale, Giancarlo Ossola (Milano, 1935) intraprende una concitata indagine del territorio urbano e delle sue inevitabili metamorfosi. In particolare i suoi interni – inizialmente intitolati "depositi della memoria" – seppur privi di qualsiasi presenza umana, brulicano di oggetti, apparizioni privilegiate depositarie della memoria umana. Come scrive l'artista negli anni Ottanta, questi «luoghi marginali sono serbatoi di una realtà declassata e di un'umanità latente, in gestazione per un futuro risveglio». Sono luoghi opachi, dismessi, in cui si coagula la densa materia pittorica, ridotta a pochi toni terrigni e appena mossa da piccoli tocchi di rosa,
rossi, arancio, azzurri e verdi.
Ossola, sottolinea il curatore Piero Del Giudice, «è consapevole che la simulazione della e la comparazione con la materia organica – messe in atto sulla tela dalla generazione dei padri con l'invaso e il cretto delle paste cromatiche – hanno perso, al suo tempo, le spinte originali, le ragioni sorgive e insorgenti. La stratificazione di materia germinante nel quadro, la materia originaria, il natura-naturans delle poetiche di Francesco Arcangeli per la generazione degli "ultimi naturalisti" [Morlotti, Moreni, le hautes pâtes di Chighine e le messi di Giunni], non trovano più sostegno e supporto perché – nell'arco di una generazione e al cuore del secolo – è avvenuta una gigantesca mutazione sociale e culturale. I luoghi dell'informale sono vuoti, un processo di enclosure of commons – di espropriazioni e recinzioni di territori liberi interni ed esterni – ha scardinato i territori, le campagne sono state svuotate, le cascine e i campi abbandonati.
Disdette e sanmartini con povere suppellettili, nuove recinzioni, hanno generato voragini e vuoti, architetture dell'abbandono e del buio, la scena e la vita da rurale si è fatta metropolitana, il tempo circolare delle stagioni esiliato nella città fordista, nel grande metronomo della turnazione taylorista».
L'adesione dell'artista al linguaggio dell'informale si traduce nell'esilio di luoghi e oggetti, dove egli capta e poi riscatta tutte le tracce delle presenze umane che vi hanno transitato.
Giancarlo Ossola. Interni del secolo breve
Tele, tempere su carta, disegni 1962-2010
a cura di Piero Del Giudice
Galleria d'arte La Colomba
Via al Lido 9, Lugano (CH)
Tel. +41 91 972 21 81
Orari: da martedì a sabato dalle 14.00 alle 18.30
domenica e giorni festivi dalle 14.30 alle 18.00