L'insediamento monastico di Voltorre costituisce, dal punto di vista storico ed artistico, uno dei massimi monumenti medievali del Varesotto.
Gli antichi edifici, cuore delle comunità, sono punto di riferimento civile, storico ed ecclesiastico. Sono organismi vivi che cambiano nel tempo per effetto dei cambiamenti liturgici, artistici, delle ristrutturazioni e dei restauri.
Il chiostro, con il suo straordinario corredo di capitelli scolpiti, la chiesa, la torre campanaria e gli edifici monastici si trovavano al centro di una corte rurale che un tempo formava un recinto quadrato, attraversato da un asse viario, ancora leggibile nei fogli settecenteschi dal Catasto Teresiano.
L'insieme architettonico venne progettato e realizzato intorno al 1200 da Lanfranco da Ligurno, il più antico scultore varesino di cui si conosce l'identità e che sicuramente scolpì anche alcuni capitelli.
La chiesa di san Michele si trova ai margini occidentali del complesso, dalla parte del lago. Oggi si presenta come una cappella absidata ad aula unica, di forma piuttosto allungata e non in asse con gli edifici monastici.
La struttura della chiesa, come la vediamo attualmente, risale con ogni probabilità al periodo tra XI e XII secolo. La muratura romanica ancora visibile è composta di blocchi regolari di pietra, che includono anche materiali di spoglio, come il frammento romano inserito nell'angolo nord-ovest della facciata.
Sulla muratura esterna dell'abside si vedono le tracce dell'apertura e successiva chiusura di più finestre, eliminate per consentire la decorazione con affreschi.
La decorazione interna oggi appare ricca e raffinata, nonostante il cattivo stato di conservazione. I dipinti parietali tendono a dilatare illusionisticamente lo spazio, con un gioco di affreschi a monocromo e di stucchi, di gusto spiccatamente settecentesco.
Ai lati dell'altare compaiono due affreschi che rappresentano santi invocati contro le malattie degli uomini e del bestiame, come sant'Antonio Abate e san Bernardo.
Sotto la guida di don Francesco Rocchi è stata portata a termine la costruzione della nuova chiesa consacrata dal cardinal Colombo il 7 gennaio 1973. Questo giovane edificio dalle linee semplici e con la caratteristica essenziale di voler essere funzionale in ordine alle strutture interne, è stato progettato dagli architetti Carlo Bassi e Goffredo Boschetti.
All'interno, un ampio fiotto di luce cade dall'alto, moltiplicando la drammaticità nell'area sacra e presbiteriale. L'aula unica è ampia e permette una visione ravvicinata dello spazio dedicato alla liturgia.
Dello scultore Aloi sono l'altare, il tabernacolo ed il battistero mentre il bassorilievo della Pietà che si nota a destra all'inizio del sopralzo dell'altare, è opera dello
scultore Zucchini di Ferrara.
Esperti in fatto di urbanistica, Bassi e Boschetti rivolgono un'attenzione particolare allo spazio abitato e abitabile, visto nel suo vero splendore, oltre il dato visibile puro e semplice, caricando lo sguardo di intelletto amoroso.
A Milano lo studio Bassi-Boschetti ha lavorato prevalentemente nell'edilizia sociale e per l'Ufficio Nuove Chiese della Diocesi.
Riportiamo una frase celebre di Carlo Bassi che qualche tempo fa dichiarò: «Mi piace molto definirmi "architetto militante" perchè così inquadro in modo preciso il mio essere "architetto" direi "a tutto tondo". Mi sono dedicato a questi studi, lontano da casa, quando a Milano cadevano le bombe e quando a Ferrara, nell'immaginario urbano esistevano solo gli ingegneri e i geometri. Ma devo dire che questo accadeva non solo a Ferrara se, nell'anno di grazia della mia iscrizione alla facoltà 1942-1943, al primo anno a Milano eravamo in 19!
L'architettura per me è stata (ed è) la madre di tutte le mie aspirazioni ed ispirazioni: mi ha fatto immaginare e costruire edifici, cioè inventare degli spazi. Immaginare e studiare dei brani di città, mi ha sollecitato a scrivere libri, a coltivare le arti, in particolare la letteratura e la poesia. Infatti in questa mia attività quasi segreta ma viva e operosa si inserisce anche un premio Lerici-Pea per un testo poetico dedicato a Biagio Rossetti».