Questione di feeling – Fare incontrare le rive opposte o, quantomeno, gli arenili più differenti. È riuscita anche in questo Sofia Macchi, padrona di casa della Galleria Punto sull'Arte di Varese nella serata del taglio del nastro della mostra M/ARBRES, felice incontro e fusione tra le parole "marbres" e "arbres", alberi e pietre, entrambi al centro delle opere esposte.
Grande successo di pubblico per la mostra di Alberto Bortoluzzi, Marika Vicari e Jill Höjeberg, secondo la fortunata formula del "tris" di autori messi a frugiferente confronto.
Le rive opposte, si diceva all'inizio. In effetti pare davvero che mondi – forse solo all'apparenza distanti – si siano incontrati e dati la mano, come non succedeva da un po'. Non mancava proprio nessuno nella luminosa galleria varesina: Alberto Lavit, Ermanno Cristini, Antonio Pizzolante, Antonio Bandirali, Silvio Monti, Giovanni
Beluffi, Carlo Meazza, Aldo Ambrosini, Piero Cicoli, Giovanni La Rosa, Giorgio Presta. Ecco solo una rosa degli artisti presenti al brindisi in Galleria.
Unanime il plauso da parte di questa galassia di autori, con tutte le sue brave costellazioni, comete, meteore e pianeti con tanto di anelli e satelliti.
Era da tanto che a Varese non si vedeva un vernissage così tanto partecipato e frequentato dagli artisti.
Tornando alla mostra, le opere di Alberto Bortoluzzi, Marika Vicari e Jill Höjeberg trovano la loro ariosa collocazione in galleria, senza sottrarsi a confronti, parallelismi che arricchiscono la reciproca lettura e l'interpretazione.
Le superfici di alabastro e di marmo divengono duttili tra le mani di Jill Höjeberg, sensibili e biomorfe come gli esseri di Moore. Cavità e sinuosità evocano ventri e seni femminili, onde cristalline dalla superficie scabra e fredda.
I boschi immaginati da Marika Vicari, eseguiti a grafite su tavola, si perdono nella profondità e nel sovrano silenzio. Come in polittici alzati sugli altari dedicati alla natura, i lavori dell'autrice cantano lo spazio, l'umana assenza e il candore della neve.
I rami di alberi vecchi di secoli si contorcono negli scatti di Bortoluzzi. Esseri vegetali contano le rughe impresse nella corteccia, le stagioni e le ere che passano. Poco oltre le rocce e le scogliere, chiamate forse da Ovidio, si trasformano e cambiano pelle: nascono così "Gli amanti", "L'aquila", la "Mano".