L'esterno della chiesa di BrebbiaL'esterno della chiesa di Brebbia

Brebbia, sulla strada per Sesto Calende, sede di un castello degli arcivescovi milanesi, conserva uno degli edifici sacri di epoca romanica, meglio conservati del Varesotto.
L'ambiente, molto semplice, è scandito da massicci pilastri ed è percepito, da chi entra, come fortemente unitario.
Secondo la tradizione, la prima chiesa di Brebbia sarebbe stata fondata, intorno al V secolo, da S. Giulio, l'evangelizzatore, insieme al fratello Giuliano, del lago Maggiore e di quello di Orta.

La decorazione ad affresco di questa chiesa, che si sviluppa soprattutto nella zona absidale e sulla parete destra, è cresciuta e si è completata nel tempo, con l'apporto di singoli artisti, come risultato di un'attività e di un sentimento collettivi, scegliendo via via il linguaggio più aggiornato e meglio collaudato. Il desiderio di aggiornamento degli artisti vuole, infatti, anche in queste chiese "di periferia", che il linguaggio della pittura sia efficace, comunicativo dei temi e della sensibilità dell'epoca, sino alla massima espressività possibile.

Gli affreschi della zona absidale della chiesa di S. Pietro, vera e propria "mescolanza e composizione"
di diverse mani di maestri, sono quelli meno leggibili, a causa della caduta di vaste zone di colore e del sovrapporsi di strati di intonaco, elemento, questo, che ricorre di frequente negli affreschi di tipo devozionale.

Il catino absidale è dominato dalla figura centrale di Cristo, racchiusa all'interno di una mandorla dai colori dell'arcobaleno, circondata da un concerto angelico; nel registro superiore dell'abside si trova una serie di Apostoli, disposti a coppie, ai lati di una Crocifissione; nel registro inferiore, sono affrescate coppie di Santi, tra cui riconosciamo S. Antonio Abate, S. Sebastiano, S. Vittore e S. Bernardino da Siena; un'altra Crocifissione, in alto a destra accanto alla finestra centrale, compare "bruscamente" nello spazio absidale, slegata stilisticamente e tematicamente dalle altre figure dipinte; sotto di essa troviamo un'altra scena frammentaria, con lo stesso soggetto, ma con differenti caratteri stilistici;

Gli affreschi nel catino absidaleGli affreschi nel catino absidale

infine, sul lato sinistro della stessa finestra ci sono una Madonna in trono con Bambino e S. Pietro.

Un gruppo di santi, ritrovati durante i restauri del 1963-1964, si trova sulla parete di fondo nella navata destra.
Fermiamoci un momento. Siamo di fronte a una teoria di personaggi affiancati, frontali, che un tempo sovrastavano un altare addossato a questa parete e dedicato a S. Stefano, più volte nominato nelle visite pastorali della fine del Cinquecento. I santi raffigurati sono Paolo, Antonio Abate, che compare due volte consecutivamente, Stefano e Bartolomeo. Siamo certamente di fronte alla stessa fantasia espressiva e rustica del maestro della Schiranetta, lo stesso tratto robusto e inciso, lo stesso disegno degli occhi e la stessa ricchezza dei panneggi.
L'immagine di Bartolomeo, in particolare, santo taumaturgo e guaritore di infermi, è molto ben conservata nel disegno e soprattutto nei vivaci e squillanti colori.

Proseguendo lungo la parete della navata destra, troviamo un brano affrescato particolarmente interessante: si tratta di un'architettura dipinta con discreto senso spaziale, composta da un loggiato sorretto ai lati da due esili colonnine, con al centro la Vergine in trono con il Bambino, affiancata da quattro santi. Il motivo architettonico, che illusionisticamente imita la struttura di un altarolo per la preghiera, appare unificato dal pavimento con losanghe di colore rosa chiaro. La Madonna è affiancata da S. Rocco e S. Sebastiano, tradizionalmente invocati contro la peste, e da altri due santi: un guerriero, forse S. Giorgio e un imperatore, forse identificabile come S. Enrico. Ai lati, esternamente al finto loggiato, ci sono infine le due immagini di S. Antonio a destra e di un Santo Vescovo a sinistra.

La parte superiore del finto altare è costituita da un timpano dominato al centro dalla figura di S. Pietro con ai lati due committenti inginocchiati.

Ai lati del timpano notiamo altre due scene. S. Giulio compare in alto a destra e, secondo un'iconografia tradizionale, è in atto di scacciare dall'Isola d'Orta i mostri che la infestavano, uno dei quali è dipinto sotto le sembianze di un drago marino. Il culto di San Giulio è molto vivo nella zona del Lago d'Orta e nell'Alto

Partic. degli affreschi della navata destraSan Bartolomeo, partic. degli affreschi
della navata destra

Novarese.

Nella scena a sinistra, invece, è rappresentato un Santo vescovo, con la mano levata a benedire, davanti ad un cavallo condotto da un uomo in armatura. Si tratta sicuramente di S. Eligio, ricordato non solo per la sua attività di orafo e monetiere di corte, prima della consacrazione, ma anche per una leggenda diffusa a partire dal XIV secolo, che gli attribuisce la facoltà di guarire e proteggere i cavalli. Nel contado a sud Ovest di Varese restano ampie tracce iconografiche della devozione verso Eligio: a Monate un affresco evoca la potenza taumaturgica del Santo, all'eremo di Santa Caterina del Sasso compare Sant'Eligio affiancato dalla figura di Sant'Antonio.

Torniamo a Brebbia. Più volte nominato è anche l'altare di Simonino, posto a destra della porta del coro, oggi scomparso insieme con gli affreschi che ritraevano il martire "infante nudo flagellato dai Giudei".
Forse essi si trovano tuttora sotto lo strato di intonaco che ricopre la parte finale della navata, e da cui affiorano i resti di una composizione con S. Nicola e il miracolo dei tre fanciulli. Questo soggetto, era abbastanza diffuso nella nostra zona: ne abbiamo un esempio nel battistero di Varese e uno tardo-quattrocentesco nell'abside di S. Donato a Sesto Calende, che presenta notevoli analogie con il frammento di Brebbia.