1953, Whitney Museum of
American Art
Scriveva Michel Zamacoïs che "L'autopsia è l'ultima indiscrezione del medico". Ma a ricercare il significato etimologico del termine si scopre quanto questo abbia a che fare più con la visione diretta che con la necroscopia.
Oltre alle vicende della storia della medicina, l'autopsia evoca una domanda sulla precarietà della vita e, pertanto, anche l'arte l'ha messa a tema in modo diverso e talvolta provocatorio.
Il medico diventa vero emblema del ricercatore, dell'indagatore non solo scientifico, dell'investigatore tout court.
L'autopsia diventa gesto portatore di significato e di ricerca di senso nel dipinto di Enrique Simonet intitolato "Anche lei aveva un cuore". Qui l'azione è solo un pretesto scenico per raffigurare la domanda di senso che si divincola tra cinico perbenismo e silente riflessione. Ne La lezione d'anatomia del dottor Deyman di Rembrandt, il cadavere in primo piano è addirittura citazione diretta del Cristo del Mantegna. L'atto medico si fa riflessione sul caso serio dell'umano e il medico tiene in mano la calotta cranica quasi fosse un teschio amletico che rimanda all'interrogativo esistenziale.
Diviene simbolo di emancipazione e di fiducia nei progressi della scienza nella tela di Michiel e Pieter Van Mierevelt, intitolata La lezione di anatomia del dottor Willem Van der Meer: la rex estensa di quell'uomo privo di vita è lasciata nuda in mano agli studiosi.
La scomposizione – Ma diviene anche simbolo, per contro, di un impoverimento etico colposo dentro la ripetizione quotidiana di cose da fare, di un'arte medica ridotta a mestiere, a macelleria investigativa. Ne L'anatomista di Hyman Bloom l'atto medico si fa simile alla profanazione e il mistero della dimensione corporea e spirituale dell'uomo viene violata fino in fondo. Qui i gesti si fanno meccanici, asettici, impossibilitati ad approdare ad una ragionevole riflessione e ad un'umana sintesi.