I dipinti che si trovano oggi nelle sale del Municipio di Cuveglio provengono dall'oratorio campestre di Santa Maria del Bosco. Furono rimossi dall'originare collocazione mediante uno strappo alla fine degli anni Sessanta del secolo scorso, insieme alla Crocifissione quattrocentesca firmata da Maffiolo Gabardi. Sappiamo che l'intervento di strappo fu operato da Carlo Alberto Lotti, in due fasi, mentre il rimontaggio è stato effettuato su due pannelli distinti. Dopo gli interventi di restauro curati nel 1980 da Paola Zanolini, che hanno integrato le estese lacune dell'intonaco e della pellicola pittorica, i due pannelli sono stati conservati presso i Civici Musei di Varese sino al 1984, anno in cui sono stati restituiti al Comune di Cuveglio.
La chiesa di Santa Maria del Bosco, in origine dipendente dalla pieve di San Lorenzo di Cuvio, ha conservato l'impianto ad aula unica, mentre l'abside originario con coro a pianta quadrata è opera di interventi del XVII secolo, come anche l'aggiunta di una campata alla navata, coperta con volte a crociera.
Il dipinto raffigurante San Maurizio si trovava in origine
Maurizio, Cuveglio
sulla parete settentrionale della chiesa. Conserva, pur tra le estese lacune, larga parte della cornice a fasce ocra e brune, sottolineata da fili di perle; la fascia superiore è coronata da una cornice a meandri. Il santo è identificabile grazie all'iscrizione ordinata verticalmente, in lettere captali dipinte in bruno. San Maurizio si presenta ai nostri occhi in abiti militari, in perfetta posizione frontale. Tiene con la destra una sottile lancia, mentre con l'altra regge lo scudo tondeggiante. Sopra la tunica indossa una cotta a scaglie, detta "brunia"; anche i calzari, che avvolgono le gambe, sono corazzati; sopra la brunia indossa il clamide, simbolo del suo rango quale primicerius della Legione Tebea.
Il riquadro appare svincolato da un più ampio complesso narrativo, come indicano l'isolamento della figura, il cui fondo stesso è lasciato indistinto, e anche l'andamento dell'incorniciatura. Il dipinto, per il quale non si può escludere un carattere votivo, manca di ricercatezza formale. Sono presenti tre colori principali, ocra gialla e rossa, variamente mescolata con la calce, verde graduato con il bianco, l'azzurro.
L'impostazione solenne è ottenuta tramite il recupero dell'iconografica arcaizzante, che indica comunque la conoscenza da parte del pittore di modelli aulici, sul filo di una tradizione rappresentata per esempio dal Libro d'ore dell'arcivescovo di Milano Arnolfo II. L'applicazione di schemi descrittivi, pur nella semplicità della tecnica esibita (pregiudicata comunque dal livello di conservazione) indicano il sicuro possesso da parte del pittore di Cuveglio di un repertorio esecutivo ed espressivo ben consolidato.