Molte sono le domande e gli spunti di riflessione posti dal convegno coordinato da Ruggero Eugeni, Piercesare Rivoltella ed Elena Di Raddo svoltosi presso l'ateneo milanese, al quale hanno partecipato ricercatori e giornalisti di diversi settori, affrontando il tema sotto più punti di vista. L'interesse per l'approfondimento di questo argomento è stato recentemente sottolineato dalla mostra Neoludica. Art is a game 2011-1966, svoltasi all'interno delle manifestazioni collaterali dell'ultima Biennale di Venezia, e dall'omonima pubblicazione, di cui hanno parlato Debora Ferrari e Luca Traini e di cui, in un certo senso, il convegno è la naturale prosecuzione. Se la mostra rifletteva infatti sull'uso del videogioco da parte degli artisti contemporanei e ripercorreva la sua storia legata allo sviluppo di nuove tecnologie e piattaforme, il convegno ha allargato lo sguardo, toccando aspetti di forte attualità, come l'utilizzo del videogioco quale medium di ricerca in ambito psicologico, affrontato da Matteo Cantamesse o quale laboratorio per comprendere la complessità della crisi economica, discusso da Flavio Escribano.
L'indagine del videogioco può aprire infatti diversi livelli di lettura perché rispecchia molti aspetti della contemporaneità: dall'interattività in cui oggi viviamo grazie alla sviluppo del Web 2.0, di cui il videogioco è stato precursore come hanno sottolineato Salvo Mica e Ambra Bonaiuto, alle modalità di sguardo tipiche della "società della sorveglianza" che Mauro Salvador ha messo a confronto con il diverso sguardo del player nei giochi strategici e in quelli shooter.
Fin dalle sue origini il videogioco ha citato e riutilizzato immagini prese dalla storia dell'arte, dell'architettura, dal cinema e in senso più ampio dall'immaginario collettivo
contemporaneo. Queste relazioni e traduzioni, ma anche l'uso del videogioco come medium artistico sono stati indagati dagli interventi di Margherita Balzerani sulla "riappropriazione estetica del videogioco", di Marco Scotti ed Elisabetta Modena sull'immagine dello spazio urbano in videogiochi come Project Gotham Racing e L.A. Noire, di Domenico Quaranta sulla legittimità del videogioco come medium artistico, di Marco Bittanti sulla "rivoluzione non spettacolare del medium videoludico", di Paolo Ruffino, net artist e membro del collettivo IOCOSE che ha parlato del progetto Game Arthritis e di Cristina Casero, incentrato su Warco, un videogioco non ancora in vendita in cui il player si trasformerà in un fotoreporter di guerra, sostituendo la tradizionale arma con la macchina da presa.
La traduzione di un'immagine da un medium all'altro tipica della società postmoderna caratterizza quindi in modo particolare il videogioco, che come ha sottolineato Kevin McManus, sta oggi vivendo la propria fase di "ritorno al passato" nel retrogaming, cioè nella messa in scena, come avviene in Paper Super Mario, del linguaggio obsoleto del 2D con una tecnologia che ha ormai raggiunto altissimi livelli di realismo e resa tridimensionale.
Le relazioni "esterne" e "interne" instaurate dal videogioco (e dal mondo di immagini e prodotti commerciali che attorno a esso ruotano) sono state affrontate anche nell'intervento di Matteo Tarantino e Simone Tosoni, intitolato Universi mediali videoludici e questioni di canone, che ha aperto la riflessione anche ad aspetti sociologici.