di Sergio Pesce
Un esempio concreto e coerente di costruzione spaziale monofocale, ci viene fornito con questa portella, un tempo nell’altare di san Lorenzo, datata 1465.
La scena ritrae la risposta del Santo alle richieste economiche del Prefetto indicando una folla di malati e storpi quali unici tesori della Chiesa.
La luminosità dell’ambiente permette allo spettatore di ammirare la capacità di Pacher nel rendere i particolari che vanno dagli abiti dei soggetti, fino al suggestivo chiaroscuro offerto dall’armatura del soldato. Il dialogo accennato tra le figure risulta chiaro e deciso, tanto da creare una divisione simmetrica tra le due principali che ne regolano la composizione.
La monofocalità creata diviene il primo esempio nella produzione del nostro autore. Il carattere italiano però si esaurisce qui, in quanto tale convergenza, non trovandosi al centro del dipinto, non può considerarsi tradizionale. Tale scelta non fu dipesa certamente dalla supposta ignoranza nei confronti di tale tecnica, ma anzi si inserisce agevolmente nell’atteggiamento del maestro. Le figure sono allungate, tanto che la proporzione tra la dimensione dei personaggi e quelle dello spazio che li contiene non viene rispettata. Ponendo l’attenzione sulla posizione in cui si trova il fuoco, si nota la coincidenza con il pugno chiuso di san Lorenzo. Potrei affermare che non esiste una sola opera in tutto il Tirolo meridionale antecedente a questa con le stesse regole spaziali.
Diviene logica quindi l’ipotesi di un precedente viaggio di Michael a Padova. Non dobbiamo comunque vedere questo processo creativo come una progressione lineare, sopratutto se la paragoniamo alla tavola analizzata precedentemente. Così facendo si correrebbe il rischio di prendere in considerazione unicamente i segni esteriori, impedendo quindi di cogliere i nessi sostanziali o la struttura interna di un’opera (Otto Pächt, Historische aufgabe Michael Pachers, Lipsia 1931). Infatti dopo questa tavola l’autore tornerà a proporre composizioni polifocali ed altre con convergenze legate al singolo piano. Un ulteriore esempio di questa spazialità ci verrà offerto dalla portella esterna del monumentale altare di san Volfango, come il Cristo con l’Adultera del 1481.
Tornando al pugno chiuso del Santo, cardine della composizione, ritengo di poter intravedere un significato che va ben oltre la valenza prospettica. Questo gesto indicava la posizione della Chiesa nei confronti del potere temporale, nello specifico rappresentato dai Conti Goriziani residenti nel castello di san Michele in prossimità di Brunico e impersonato nel dipinto dalla figura del Prefetto. L’aristocrazia aveva cercato ripetutamente di estendere il proprio potere sulla città, che fino ad allora era sotto il dominio dei vescovi di Bressanone. Quindi il pugno chiuso poteva esprimere la resistenza e esattamente come intende fare la prospettiva, la fermezza (Sergio Pesce, La prospettiva in Michael Pacher, Roma 2011).