La storia infinita di Castelseprio e dei suoi monumenti, una storia che si arricchisce di volta in volta di nuove pagine. Una fonte importante è costituita dai testi d'archivio, che offrono spunti della storia "minuta" dei luoghi. In questo senso si è mosso il prof. Dejana, grande conoscitore di Castelseprio, che in tal modo ha ricostruito le fasi più recenti delle chiese di S.Paolo, San Giovanni e Santa Maria foris portas.
La storia di un abbandono – Nel 1278 il castrum venne distrutto da Ottone Visconti, che così punì i conti del Seprio alleati dei Torriani. Le mura vennero smantellate, il castrum venne abbandonato, solo gli edifici religiosi rimasero in funzione, anche se nei secoli vennero progressivamente dimenticati. Sono le visite pastorali a raccontare le tappe di questo abbandono.
San Paolo – L'edificio dalla particolare forma esagonale – più simile ad un battistero- databile all'ultimo trentennio del XII secolo fu il primo ad essere abbandonato. Il suo aspetto originario prevedeva due loggiati, uno inferiore ed uno superiore, comunicanti tramite una scaletta, ciascuno dei quali dotato di un altare presso il quale si officiava. Ancora nel XVII secolo si celebravano due messe ogni settimana ed esistevano due cappellani, uno titolare ed uno mercenario. La chiesa non era ricca, al punto che le suppellettili per la Messa erano recuperate da S.Giovanni.
Il degrado – Alla fine del Cinquecento però l'edificio mostrava i segni del tempo e dell'incuria, e nel XVII secolo Federico Borromeo ordinò di togliere le colonne e il tetto e ricostruirlo come se fosse una unica navata. Pochi anni più tardi però il Cardinale diede ordine di non intervenire più sulla chiesa: aveva notato le pareti intonacate con antiche pitture e dato il rispetto che aveva per i segni dell'antico preferì non intervenire oltre. Una ventina di anni più tardi la chiesa era ormai irrecuperabile ed un decreto ne sancì l'abbandono.
San Giovanni, tutta decorata – Migliori erano le condizioni di san Giovanni nel XVIII secolo in occasione della visita del cardinale Pozzobonelli. Presentava infatti affreschi nella cappella maggiore e sulle pareti laterali, già
all'epoca considerati antichissimi, probabilmente risalenti al secolo XI. Era il parroco di Carnago a celebrare ed un momento di grande importanza era la fiera di S.Giovanni, in cui si vendevano prodotti alimentari: questa tradizione rimase in vita fino all'arrivo di Napoleone in Italia.
Il declino e le liti fra parroci – Nel 1798 iniziarono le spoliazioni, vennero rubate le lastre del pavimento e la porta di ingresso. Il prevosto decise quindi di investire sul restauro di santa Maria foris portas, secondo lui più adatta alle funzioni religiose e nel 1803 la curia trasferì con un decreto la celebrazione di tutte le messe alla prepositurale di Carnago. Si andò avanti a celebrare a San Giovanni in occasione di feste patronali, per la fiera. Dal 1803 San Giovanni fu coinvolto nelle dispute fra il parroco di Vicoseprio e il prevosto di Carnago. Entrambi infatti consideravano l'edificio ormai in disuso e volevano usarlo come "cava" di materiale edilizio per il restauro delle loro chiese, la parrocchiale di Vicoseprio e S.Rocco a Carnago. Solo l'intervento della curia pose fine al contrasto e ebbe inizio così la demolizione sistematica e legalizzata di san Giovanni che continuò fino al 1865.
Santa Maria, fra Longobardi e Carolingi – La chiesa di Santa Maria, che oscilla nella sua datazione fra il VI e VIII secolo, ancora nel XVII secolo era ancora in funzione e a marzo si festeggiava la fiera della Madonnetta. Il Pozzobonelli nella sua visita rimase molto colpito da due affreschi, dedicati alla Madonna del latte e alla Madonna del Presepe. Nel 1864 la stabilità della chiesa era però compromessa e si procedette alla distruzione delle due cappelle laterali.
L'intervento del cardinal Schuster – La storia più recente di Santa Maria è ambientata nel Novecento. È il 1930 quando il Cardinal Schuster giunse da Milano ed ordinò la chiusura al pubblico, la fine delle celebrazioni, sancita dallo strappo degli affreschi e dal trasferimento del Crocifisso. Il motivo? La chiesa era diventata luogo di divertimenti eccessivi e gazzarre in occasione della fiera della Madonnetta.
Uno stralcio della storia di Castelseprio torna alla luce, grazie a documenti impolverati che spesso giacciono dimenticati negli archivi.